Il Continental Divide e il Wolf Creek Pass –

Non mi sono mai vergognata di quello che non so, perche’ quando non conosco una cosa ho lo stimolo per imparare qualcosa di nuovo.
Se leggo o sento una parola nuova, vado subito a prendere il vocabolario.
Se non posso farlo subito, o quando sono all’estero e leggo una parola che non conosco, me lo appunto, e quando e’ possibile controllo.

Nel 2011, in Colorado, ho scoperto l’esistenza dei Continental Divide, (o Great Divide) ovvero dello spartiacque per definizione, la linea geografica che divide i fiumi che sfociano nell’Atlantico da quelli che sfociano nel Pacifico.

Il concetto di spartiacque e’ molto comune, ovviamente coincide con una catena montuosa, e ce ne sono diversi per ogni continente. ma il Great Divide e’ anche geograficamente molto suggestivo, in quanto corre da Nord a Sud, dall’Alaska al Messico, fino al Canale di Panama, per poi proseguire, con un nome diverso ma sostanzialmente continuo, lungo le Ande fino alla Patagonia.

In pratica e’ la spina dorsale dell’America, e negli USA attraversa alcuni dei posti geograficamente piu’ interessanti, il Glacier Park, Yellowstone, il Rocky Mountains National Park.
E’ difficile da credere, ma esiste anche un Trail che lo segue per oltre 5.000 chilometri, e che attraversa cinque stati, assumendo talvolta l’aspetto di una strada asfaltata ma spesso restando una semplice strada di campagna.

E sembra che ci siano persone che realmente lo percorrono, anche in bicicletta e in solitaria :

Il mio incontro con il Great Divide avviene il 21 settembre 2011, giornata di trasferimento da Durango a Denver. Avevo sentito parlare di Divide gia’ a Yellowstone, ma sinceramente non mi aveva colpito. Forse la mia mente in quel momento era piena di cosi’ tante cose che non c’era spazio per altre novita’. Ma quel giorno, percorrendo la US160 verso Nord, stavamo attraversando la Rio Grande Forest, e ci siamo trovati a passare dal Wolf Creek Pass, dove il Divide era segnalato e ben spiegato.

La cosa incredibile di quel posto e’ che, pur trattandosi di un passo di montagna a oltre 3000 metri, veniva raggiunto da una strada larghissima di due corsie per lato, illuminata e presidiata dalla Police Patrol. Sul picco un posto panoramico, un ampio parcheggio, ovviamente targhe, segnali e strutture pubbliche “di conforto”

Inutile precisare che quella che a settembre e’ una bella gita al freschetto, nei mesi invernali puo’ diventare una avventura alla Jack London (e senza Zanna Bianca).

N.B. Ho studiato soprattutto qui https://en.wikipedia.org/wiki/Continental_divide

Le Figlie della Repubblica del Texas – The Daughters of the Republic of Texas (DRT) –

Il complesso dell’Alamo e’ diventato Patrimonio Mondiale dell’Umanità solo lo scorso 6 luglio 2015.

Patrimonio Unesco

La cura del monumento dal 2011 è responsabilità dello Stato del Texas.
Ma prima?

Incredibile a credersi, la cura di un tale patrimonio storico fino al 2011 è stata gestita da una associazione di donne, discendenti lineari dei soldati della Repubblica del Texas, ovvero le Figlie della Repubblica del Texas, The Daughters of the Republic of Texas (DRT)

Le Figlie della Repubblica del Texas – The Daughters of the Republic of Texas (DRT)

Questa associazione nasce nel 1891, con la finalità di perpetuare la memoria del coraggio dei soldati che hanno combattuto per la libertà del Texas ai tempi in cui il Texas era una Repubblica indipendente.
Nel tempo le finalità dell’associazione si sono estese agli studi storici, alla tenuta di una biblioteca storica, e soprattutto alla cura del complesso dell’Alamo.

Per farne parte bisogna dimostrare di essere discendenti dirette di persone che hanno servito il Texas prima del 1846, ovvero militari, politici, e amministratori statali.
Le Figlie della Repubblica del Texas hanno un archivio storico di tutto rispetto, e oggi sono oltre 7.000.

http://www.drtinfo.org/membership-2/how-to-become-a-member

http://www.4006271860.com/2015/10-12/59146016.html

http://www.notaryofflorida.com/20aQXo05/

La cosa più notevole da raccontare, è che quando alla fine del XIX il monumento dell’Alamo cominciò ad avere dei danni strutturali pesanti, queste donne piene di risorse trovarono il modo per metterlo in sicurezza, coinvolgento nei loro progetti una ereditiera texana, Clara Driscoll, che fornì le somme per comperare il complesso, e prendersene cura.

Tutt’ora le intraprendenti signore delle Figlie della Repubblica del Texas organizzano le manifestazioni in ricordo della Battaglia di Alamo, come quella a cui io ho assistito nell’Aprile del 2015 –

Eccole pronte alla sfilata, nei loro bei vestiti bianchi e i cappelli rossi con i fiori, la loro “divisa” di gruppo.

Le mie fonti : Wikipedia

https://en.wikipedia.org/wiki/Daughters_of_the_Republic_of_Texas

Il sito ufficiale delle Figlie della Repubblica del Texas

http://www.drtinfo.org

The Alamo – San Antonio (Texas) – The Shrine of Texas Liberty – Il tempio della libertà del Texas –

The Alamo – San Antonio (Texas)

The Shrine of Texas Liberty – Il tempio della libertà del Texas –

Gli abitanti del Texas sono fieri del loro Stato, si sentono quasi abitante di una Nazione diversa rispetto agli Stati Uniti.
Questo loro aspetto nazionalista, quasi di presuntuosa superiorità, ha delle ragioni storiche molto precise.
Il Texas infatti nella prima metà dell’Ottocento, ha goduto di una propria indipendenza, guadagnata a prezzo di sangue, con battaglie epiche che ancora oggi si ricordano.

Una di queste fu la battaglia di Alamo, combattuta il 6 marzo 1836, che portò al massacro di oltre 250 combattenti, texani ma anche soldati provenienti da altri stati del Sud, fra cui il famoso Davy Crockett.
L’onta fu lavata nel sangue poche settimane dopo, con la battaglia di San Jacinto del 21 Aprile 1836 al grido di “Remeber Alamo”, e così il Texas diventò una Repubblica autonoma fino al 1845, quanto fu annesssa pacificamente e consensualmente agli Stati Uniti d’America.

L’Alamo nasceva in verità come Missione religiosa, con il nome di Missione di San Antonio de Valero. Abbandonata dai religiosi, fu utilizzata come presidio militare dalle truppe ribelli texane con il nome di Fort Alamo.

Oggi è una delle destinazioni turistiche più conosciute del paese , sicuramente la più nota di San Antonio e probabilmente del Texas, sia per l’amore del popolo statunitense per le vestigia del loro pur recente passato, sia per la carica patriottica che il luogo trasmette, tanto da essere chiamato “The Shrine of Liberty – Il tempio della Libertà”

E’ al centro di San Antonio, facilmente raggiungibile, con un posteggio molto vicino, a pochi passi dal Riverwalk e dall’Hotel Menger, un hotel storico che al tempo della guerra di indipendenza texana era una casa di piacere. Oggi il Menger vale la pena di essere visitato per la splendida sala da ballo e il patio in stile messicano.

All’interno dell’Alamo (vale la pena ricordarlo, dove non si paga biglietto di ingresso) c’è un Museo dedicato alla guerra di indipendenza Texana e ai reperti della storia del grande paese.

Il sito ufficiale dell’Alamo di San Antonio, con tutte le indicazioni per la visita.

The Alamo – http://www.thealamo.org

Il sito ufficiale dell’Hotel Menger:

Hotel Menger – http://www.mengerhotel.com

Le mie fonti, che mi hanno aiutato a capire qualcosa di più del periodo storico, visto che quando mio cugino mi ha raccontato le vicende ne ho capito si e no la metà (povero il mio inglese!):

Wikipedia – Battaglia di Alamo

Wikipedia – The Alamo

Questa è la ricostruzione della Battaglia di Alamo nella vetrina di un negozio della Hall del Menger Hotel, specializzato in soldatini da collezione. La foto non è mia, ma ho visitato il negozio nella mia visita a San Antonio, il Kings X Toy Soldiers

King X Toy Soldiers

The Alamo

Forse non tutti sanno che……..le immense pianure degli USA Centro Orientali –

Leggo spesso sul forum che frequento, dedicato principalmente ai viaggi USA,  di idee di itinerari che coinvolgono Chicago e la Real America, con l’attraversamento di Wisconsin, Minnesota, Iowa e Nebraska .

Fare riflettere i proposti viaggiatori ormai e’ una campagna che porto avanti sul forum, perche’ quella di fare un OnTheRoad in questa maniera e’ una scelta che deve essere fatta con cognizione di causa.

Anch’io nel 2011, guardando la cartina, ho pensato “ E che ci vuole? Due giorni di strada ed e’ fatta. Ci si ferma ogni tanto, si sgranchiscono le gambe, magari un soft drink in qualche paesino, due passi, e il viaggio passa”.

Beh, questa e’ la teoria…la pratica e’ ben diversa.

Arrivare in macchina in South Dakota partendo da Chicago, significa prepararsi a due giorni di guida quasi ininterrotta, circa 1.500 km sulla I90, attraversando alcuni stati che hanno poco da offrire, come il Wisconsin e il Minnesota.

Per la prima parte dell’itinerario ho preso ispirazione da un diario molto interessante, che raccontava i 5400 km da Chicago a Seattle.

 http://www.forumvacanzeinamerica.it/viewtopic.php?f=40&t=1774

Nella parte che ci interessa l’amico DDAAXX – Dario aveva deviato per i ponti di Madison County prima di dirigersi verso il South Dakota, ma alcuni suggerimenti sono utilissimi anche se vogliamo proseguire senza fermarci.

Partendo da Chicago di mattina presto, si va verso nord, attraversando l’immensa periferia industriale della metropoli. Arrivati ad un certo punto si puo’ decidere di costeggiare il Missisipi in Wisconsin, facendo una Historic Route, ma a questo punto i tempi si allungano.

Se l’obiettivo e’ il Sud Dakota in tempi rapidi, l’unica cosa che ci si puo’ concedere e’ una fermata verso l’ora di pranzo a La Crosse, una cittadina sul Mississipi molto carina, dove si puo’ almeno fare una sgambata.

Per potere arrivare a Sioux Falls in serata, pero’, si deve partire presto, e attraversare il Minnesota nel pomeriggio. E questa, credetemi, e’ un’esperienza da ricordare. Da ricordare per la sua negativita’.

Avete presente il Minnesota? Pianure sconfinate, cinque milioni di abitanti sparsi in un territorio grande due terzi l’Italia……Ecco, e questa pianura in mezzo al nulla si attraversa di pomeriggio, dopo altre ore di macchina, essendosi fermati solo in stazioni di servizio lungo l’autostrada, perche’ lungo questa strada non ci sono nemmeno centri abitati che valga la pena di ricordare.

L’unico miraggio e’ arrivare a Sioux Falls, una metropoli di ben 140.000 abitanti dove fermarsi in albergo e fare una passeggiata verso le fantasmagoriche cascate alte piu o meno 3 metri.

E il giorno dopo si deve ripartire presto, per attraversare parte del Sud Dakota per potere arrivare alle Badlands……all’ora di pranzo, sotto la perna del sole!

E in tutto questo viaggio, quello che si e’ visto e’ solo questo:

Ma siamo sopravvissuti, abbiamo fatto il nostro meraviglioso giro della Real America (e qui non sono ironica!) e abbiamo visitato il Colorado.

Da Denver dobbiamo tornare a Chicago, e cosi’ ci prepariamo ad altri 1600 chilometri attraversando il Nebraska, lo Iowa e un po’ di Illinois.

Il Nebraska e’ famoso per due cose: il bestiame e le pannocchie….. e per tutta la giornata sulla I 80 non vedrete altro.

Ci si ferma ad Omaha, e qui si avra’ un bella sorpresa, perche’ Omaha e’ una citta’ davvero graziosa, fatta bene, costruita sul fiume Missouri, di media grandezza (oltre 400.000 abitanti.)

La vecchia zona di magazzini sul fiume e’ stata ricostruita e adesso e’ un nucleo di locali e negozi davvero bello da guardare. Il lungofiume ci consentira’ una passeggiata serale per riaffrontare la strada domani.

Perche’ domani attraverseremo lo stato dell’Iowa, dove non ci sono nemmeno le vacche….solo pannocchie!

Uno stato dove non c’è differenza di altitudine significativa, popolato da persone gentilissime (la signora del Visitor Center mi ha regalato alcune cartoline, fra cui la cartolina del Visitor Center stesso!) ma che parlano con uno strano accento e ridono sempre.

Solo dopo altre ore di autostrada fra campi e balle di fieno, campi e balle di fieno, oh, un trattore, campi e balle di fieno……si arriva in Illinois dove tutto torna ad essere industriale e grigio.

E in serata si arriva a Chicago, con il desiderio di non vedere piu’ un’autostrada per tutta la vita.

Ora, io ho cercato di essere vivace nel mio racconto, ma vi immaginate la noia?

Se il nostro equipaggio e’ formato da due persone, puo’ essere una salvezza alternarsi alla guida.

Se il guidatore e’ uno solo (come nel mio caso) e’ qui che si tempra l’unita’ e la complicita’ della coppia. Davvero, non scherzo, ci vuole una gran pazienza.

Il guidatore deve essere coinvolto con chiacchiere e musica, perche’ il rischio colpo di sonno e’ grande, soprattutto nel pomeriggio.

Entrambe le autostrade sono drittissime, senza curve, con pochi segnali; il limite di velocita’, che e’ quello che conosciamo, non aiuta certo.

Fondamentale e’ la buona musica e la conversazione interessante. Personalmente ho anche letto qualcosa ad alta voce sulle destinazioni che avremmo raggiunto, chiedendo ogni tanto un’opinione, giusto per tenere desta l’attenzione del mio autista.

Serve acqua da tenere in macchina, magari qualcosa da sgranocchiare, pianificare bene i rifornimenti e le soste pipi’……e tanta, tanta pazienza.

Non e’ sicuramente la parte migliore del viaggio, ma anche questa e’ un’esperienza: la cosa migliore e’ arrivare preparati!

Cody – Sierra Trading Post –

Mentre preparavo le valigie, ho tirato fuori una felpa ancora con l’etichetta, e mi e’ venuta voglia di segnalare questo negozio a tutti coloro che faranno il giro del Real America.

http://www.sierratradingpost.com/lp2/cody-outlet-store/?osid=cody-outlet-store-_-store&showlocalization=True

Nel Settembre 2011 noi abbiamo dimenticato le felpe nell’hotel di Sioux Falls, e non potevamo affrontare Yellowstone senza, cosi’ ci siamo fermati in questo negozio, e con sorpresa abbiamo visto che i prezzi erano bassissimi.

Si tratta di una catena di abbigliamento casual, direi country, e i prezzi sono da svendita continua. Quello di Cody e’ facilissimo da trovare, e vale la pena fermarsi!

Comunque ha anche il sito di shopping on line.

http://www.sierratradingpost.com/

Farmacisti a New Orleans: una lunga storia –

 New Orleans ha diversi primati, dal primo cocktail al primo farmacista autorizzato degli Stati Uniti, e sorprendentemente, queste due cose sono strettamente legate.

 Sin dai tempi coloniali le città del Nuovo Mondo avevano speziali, e New Orleans ha giocato un ruolo significativo nello sviluppo delle moderne farmacie e drogherie, dai suoi primi speziali al moderno College of Pharmacy a Xavier University of Louisiana .

 Si deve a William Claiborne, il primo Governatore di New Orleans e dei territori della Louisiana, l’emissione nel 1804 di un decreto che istituiva l’esame di licenza per i farmacisti.

Gli organi legislativi della Louisiana, che nel 1812 era diventata uno stato autonomo, confermarono il decreto con una legge statale.

Nel 1816, Louis Dufilho Jr., un cittadino residente a New Orleans, superò un esame davanti a un consiglio di esperti professionisti nel palazzo del Cabildo , diventando il primo farmacista autorizzato degli Stati Uniti.

Dopo aver conseguito la licenza, Dufilho andò a lavorare nella farmacia di suo fratello sul Toulouse Street.

Nel 1823 costruì un cottage di stile creolo al 514 di Chartres Street, destinando il piano terra alla sua farmacia, e gli altri piani alla residenza di famiglia.

Dufilho portò aventi la sua attività su Chartres Street per oltre 30 anni, finchè non ritornò in Francia con la sua famiglia nel 1855. L’edificio ha cambiato proprietà numerose volte per quasi un secolo prima di essere acquisita dalla città di New Orleans nel 1940.

 Si decise di trasformare la casa in un museo, e nel 1950 aprì il New Orleans Pharmacy Museum. I piani superiori sono stati completamente restaurati nel 1986, ampliando lo spazio espositivo del museo.

Oltre ad una splendida collezione di armadi farmacia, strumenti, bottiglie, barattoli, e altri strumenti del mestiere, il museo contiene una serie di mostre con elementi quali medicine “brevettate” (come Hadacol ), così come mostre sulle erbe e le piante, e l’utilizzo dell’alcool come medicina. Un armadietto delle medicine originali al secondo piano mostra diverse bottiglie di Amaro del Peychaud , oltre a elaborate coppe da somministrazione.

Antoine Amédée Peychaud era un farmacista che ha creato i suoi amari nel 1830, sostenendo che avrebbero curare una vasta gamma di disturbi, ma il più famoso uso di Bitter di Peychaud è nel cocktail Sazerac , inventato intorno al 1850.

In aggiunta all’elenco dei primi rimedi farmaceutici, si devono considerare le preparazioni Voodoo, vendute sottobanco dalle farmacie New Orleans, le cui ricette erano state insegnate ai farmacisti da sacerdotesse voodoo locali.

Il museo è un meraviglioso racconto di come le farmacie si siano sviluppate organicamente a New Orleans, e un interessante confronto di come le cose si siano evolute con il tempo.

Non solo il New Orleans Pharmacy Museum è un piacere per chi è interessato alla storia della professione negli Stati Uniti, ma l’edificio che ospita il museo è un esempio affascinante di “Cottage Creolo”.

L’edificio è diverso dalle case coloniali spagnole nel quartiere francese in quanto si tratta di una semplice casa si affaccia sulla strada. La struttura dispone di un cortile, ma è circondato da un muro di mattoni; la parte posteriore della proprietà comprendeva le abitazioni degli schiavi e un appartamento separato per il figlio maggiore della famiglia. Dal momento che il primo piano era lo spazio di vendita al dettaglio, la famiglia entrava e usciva dalla casa attraverso la strada accanto al negozio.

 Mentre la città cresceva, gli immigrati provenienti da altri paesi europei aggiungevano il loro contributo alla cultura di New Orleans, e i membri delle nuove comunità etniche spesso stabilivano le proprie farmacie con i propri farmacisti.

Verso la fine degli anni 1890, Gustav Katz ha aperto una farmacia all’angolo di Jackson e St. Charles Avenue in Uptown New Orleans. Katz collaborava con Sidney Besthoff, arrivato da Memphis, e aprirono il primo Katz and Besthoff Drugstore al 732 di Canal Street.

Non erano soli: SJ Shwartz aprì una farmacia nel suo nuovo edificio Maison Blanche nel 1912, Waterbury aprì diversi negozi su Canal Street a partire dal 1940, e nel dopoguerra Walgreens aprì un negozio su Canal e Baronne.

 Lo studio formale ufficiale delle scienze farmaceutiche cominciò a New Orleans nel 1970, quando la Xavier University of Louisiana ha aperto il suo Collegio di Farmacia.

Una delle uniche due scuole di farmacia in Louisiana (l’altra si trova nella parte settentrionale dello stato presso l’Università della Louisiana di Monroe), l’Università di Xavier è stata duramente colpita dall’uragano Katrina nel 2005.

Nel 2006, l’Emirato del Qatar ha donato 17,5 milioni dollari per ricostruire l’università, con la costruzione di un nuovo edificio per la scuola di farmacia, il Quatar Pavillion, inaugurato nel 2010e l’aggiunta di oltre 5000 metri quadrati al college.

Anche se oggi il business farmaceutico è dominato da catene gestite a livello nazionale, New Orleans non dimentica il suo passato.

 Fonte:

http://www.gonola.com/2013/07/29/nola-history-apothecaries-drug-stores-and-pharmacy-in-new-orleans.html

Multiproprietà e Timesharing

Molti amici del forum che frequento mi hanno visto scrivere di “multiproprieta’” quando racconto delle mie vacanze, e qualcuno mi ha chiesto (in privato o sul forum) “ma come funziona”?

Senza volere fare nessun tipo di pubblicita’, cerco di rispondere per la mia esperienza.

La multiproprieta’ “immobiliare” consiste nel possedere parte di un immobile, per un determinato periodo di tempo. Si acquista con un atto notarile, si puo’ trasferire agli eredi, si puo’ vendere. Si pagano anche le tasse sulla quota posseduta, IMU compresa (in Italia o comunque una tassa di proprieta’ se prevista nel paese dell’immobile), e si paga il “condominio”, ovvero le spese di gestione.

Poi c’è la multiproprieta’ “alberghiera”, per cui si acquista il diritto di trascorrere un periodo di tempo in una struttura alberghiera ben precisa, ma senza l’individuazione di una particolare unita’ immobiliare; non c’e’ atto notarile, ma solo una scrittura privata. Non si pagano tasse di proprieta’, ma solo quelle di gestione annuali. La fruizione deve sempre essere concordata con chi gestisce la parte alberghiera.

Gli immobili oggetto delle multiproprieta’, di solito residence e piccoli appartamenti, sono per lo piu’ inseriti nei “circuiti di scambio”. C’e una societa’ , cioe’, che si occupa di gestire gli scambi fra multiproprietari. Le due principali societa’ di scambio sono Interval e RCI, ma le grandi societa’ alberghiere possono avere un meccanismo di scambio interno che consente di depositare la propria settimana e di richiederne una in cambio in una localita’ a proprio piacimento.

Per la mia esperienza in questo settore, la cosa principale da valutare in caso ci si voglia avvicinare alla multiproprieta’ e’ la serieta’ della controparte, e la partecipazione o meno a un circuito di scambio mondiale.

Una multiproprieta’ che costa poco, ma in una struttura che non partecipa agli scambi, e’ una soluzione che potra’ andare bene se vuoi tornare ogni anno nello stesso posto.
Conosco persone che hanno una settimana in Sardegna a Giugno, e ci vanno ogni anno senza sentire l’esigenza di cambiare. Oppure qualcuno che ha una settimana in Trentino e ogni anno fa la settimana bianca nello stesso posto. Magari chi ha bambini piccoli, parenti da visitare, gruppi di amici che vogliono incontrarsi nello stesso posto tutti gli anni….

La multiproprieta’ alberghiera di solito costa di piu’, ma se la controparte e’ di qualita’ e’ una soluzione che garantisce flessibilita’ e stimolo per girare e cambiare posto ogni anno.

Mio marito ed io abbiamo cominciato a girare in multipropieta’ con certificati d’ospite acquistati da mio fratello, associato RCI da vent’anni. Poi abbiamo scoperto la Marriott, e abbiamo comperato la nostra settimana a Marbella.

La Marriott e’ associata ad Interval, che ha residence in tutto il mondo, e ci da la possibilita’ di scambiare la nostra settimana anche con punti da utilizzare nelle strutture alberghiere pure.
Possiamo scambiare direttamente con Marriott in alcune strutture della Florida, per le altre dobbiamo passare da Interval, ma fino ad oggi siamo stati sempre accontentati. Ovviamente si deve richiedere lo scambio molto tempo prima (io sono gia’ in lista per marzo 2014 a Phuket), e se si sceglie un residence in particolare bisogna essere molto flessibili con le date, mentre se si vuole una settimana in particolare, bisogna essere molto flessibili sulla destinazione.

Insomma, e’ una lista di attesa che funziona sulla priorita’: prima ci si inserisce, e piu’ scelte si danno, meglio e’ –

Aloa from Ohau –

Non so se questo potrà essere definito realmente un “Diario”, giacché la nostra permanenza alle Hawaii è stata limitata a solo due isole, e che il soggiorno si è svolto principalmente nei due residence scambiati con il Timeshare Marriott, e dunque piuttosto “stanziale”

Il mio viaggio alle Hawaii è stato comunque uno dei più strani della mia vita; partivo con problemi familiari gravi, e la partenza era stata decisa solo per non perdere i voli, prenotati da qualche tempo. Nonostante il medico ci avesse rassicurato, non c’era quella spensieratezza che ti fa godere il viaggio. A posteriori, devo ammettere che questo stato d’animo ci ha molto condizionato, togliendoci entusiasmo, energia e vitalità.

Inoltre gli itinerari e le visite alle attrazioni erano stati pianificati di fretta, solo con l’aiuto degli amici del forum, e solo in linea di massima.

Insomma, si poteva fare di più.

Ma siccome in tutti gli aspetti della vita ci sono momenti brutti e momenti belli, cose che riescono meglio e cose che nascono male…. non mi lamento e non recrimino!

Voglio però cominciare con questa precisazione perché’, in effetti, si sarebbero potute fare altre cose, vedere molto di più, gestire meglio il tempo sull’isola. Se non lo abbiamo fatto….è perché proprio non ce l’abbiamo fatta (perdonate il gioco di parole).

22 marzo 2013

L’operativo voli che abbiamo scelto è stato per alcuni aspetti un errore.

Da Roma Fiumicino abbiamo volato su Atlanta, e da lì, dopo 48 ore, direttamente su Honolulu.

Ci siamo fatti “abbindolare” dalle tratte dirette, ma la qualità dei due voli è stata piuttosto scarsa.

Il volo (e l’aeromobile) erano Delta in code share con Alitalia.

Nonostante fossimo in Economy Confort le file erano strette, i sedili non erano reclinabili per le gambe, e le sedute erano leggermente più larghe, ma non troppo.

Comunque il volo è andato bene, le procedure di immigrazione velocissime, così come il ritiro dell’auto che abbiamo affittato per 48 ore ad Atlanta.

L’hotel scelto è il Renaissance Concourse Atlanta Airport, della famiglia Marriott (per usare i punti)

Molto bello, una bella stanza con il balcone sulle piste, ma nonostante tutto silenziosa.

L’aeroporto di Atlanta ha un via vai continuo di voli, anche cinque piste occupate contemporaneamente, e Nino si esalta sul terrazzino guardando da vicino decolli e atterraggi.

La stanza è comoda ed è quello che ci serve per riposare e riprenderci dal fuso – La scelta di un hotel aereoportuale è stata fatta proprio per questo, perché’ tanto sappiamo per esperienza che le prime ore sono di confusione totale.

Andiamo a mangiare in un Longhorn Steackhouse, una delle nostre catene preferite negli USA, e poi crolliamo “a quattro di spade” sui due letti queen della nostra bella stanza!

23 marzo 2013

Maledetto Jet Lag! Alle 5 in piedi a guardare gli aerei! La giornata è piuttosto uggiosa, è prevista pioggia, le nuvole non sono per nulla amichevoli. Noi conosciamo Atlanta, ci siamo già stati nel 2004, e così decidiamo di rivedere le cose che ci avevano colpito.

Intanto un giro a Buckhead, un quartiere molto signorile, molto esclusivo, con case bellissime!

23032013 Atlanta (2)

Il centro, la Peachtree Street, tutta addobbata per un campionato di football ;

23032013 Atlanta (27)

poi il Georgia State Capitol, con la sua cupola d’oro, come a Boston,

23032013 Atlanta (31)

e infine il mio preferito: il Martin Luther King Memorial. Ne avevo già scritto in precedenza, mi aveva colpito molto lo spirito universale del movimento, e la dedica della Cappella a tutte le fedi, senza simboli religiosi.

23032013 Atlanta (36)

Andiamo al Grant Park, decisi a vedere lo spettacolo del Cyclorama.

23032013 Atlanta (55)

Purtroppo gli spettacoli sono ad orari fissi, e dovremmo aspettare un bel po’. Inoltre la stanchezza e il sonno cominciano a farsi sentire, e vedere uno spettacolo sulla guerra di indipendenza americana ci sembra un invito all’abbiocco. Così lasciamo il centro di Atlanta e ci rilassiamo in hotel.

Il pomeriggio usciamo, per un giro, e per la cena in un’altra delle nostre catene preferite: Red Lobster.

 23032013 Atlanta (8) 23032013 Atlanta (9)

24 marzo 2013

Ormai lo sappiamo….36 ore di smaltimento, e siamo belli freschi! La mattina andiamo all’aeroporto di Atlanta per prendere il volo diretto per Honolulu. Sarò noiosa…ma la zona dei voli nazionali dell’Aeroporto di Atlanta mi ha lasciato senza parole!

24032013 Atlanta Voli Nazionali  (2)

Partiamo a mezzogiorno, e arriviamo nel tardo pomeriggio, dopo dieci ore di volo! Diavolo di un fuso orario!

24032013 Aereoporto di Honolulu  (2)

Arriviamo a Honolulu e ci accoglie una natura meravigliosa, gente cortese ……e un po’ di pioggia! Poco male, lo sapevamo…. al resort, ci dedichiamo alla sistemazione del bagaglio, e finalmente comincia la vera vacanza!

25 marzo 2013

Finalmente il sole e il caldo, e finalmente cominciamo a svegliarci ad orari normali!

Apprezziamo subito i 23 gradi con il sole, e ci rendiamo conto di quanto sia bello il nostro resort.

25032013 Resort Ko Olina (6)

25032013 Resort Ko Olina (1)

Preferiamo uscire per approfittare della bella giornata, anche se la tentazione di stravaccarci al sole è molto forte.

Mappa di Ohau

Decidiamo di girare per le spiagge del sud dell’isola: noi siamo a Ko Olina, nella punta sud-ovest dell’isola. Le spiagge che interessano a noi sono nella parte sud est, e per poterle raggiungere prendiamo la H1 che lambisce il centro urbano di Honolulu.

Oahu non è un’isola piccola, ha 900.000 abitanti su una superfice di oltre 1600 km2, due volte Ibiza per capirci, ed e’ attraversata da tre strade a scorrimento veloce, che si incrociano proprio in prossimità della capitale.

25032013 H1 per Honolulu (2)

Ci rendiamo conto che la zona urbana non ha nulla da invidiare alle città americane della terraferma. Grattacieli, traffico, macchine incolonnate….no, non siamo nel paradiso terrestre, questi pochi chilometri sono il temuto inferno dell’automobilista.

Spiagge di Oahu divise per zona

Ben diversa la situazione appena superata la zona della capitale. Si cominciano a vedere le spiagge della costa sud, alcune davvero belle e meritevoli di una sosta.

Ci fermiamo a Hanauma Bay, ma non riusciamo nemmeno ad entrare nel parcheggio per la confusione.

Ci rimandano ai giorni successivi, e noi stessi contiamo di tornare, ma senza troppa convinzione. Ci fermiamo in un belvedere poso piu avanti, dove riusciamo a scorgere in lontananza una balena.

E’ poi la volta di Sandy Beach, di Waimanalo Beach, e di Lanikai Beach.

25032013 Lanikai Beach - (3) 25032013 Lanikai Beach - (6) 25032013 Lanikai Beach - (9) 25032013 Sandy Beach (vicino) (1) 25032013 Waimanalo Beach (6)

Tutte spiagge molto belle e popolate di famiglie di turisti e di locali. Sono spiagge del lato est, e dunque l’acqua non e’ calma, ma c’è quel venticello giusto per il surf.

A questo punto si torna al resort per un pomeriggio balneare.

La sera decidiamo di andare a Waikiki che onestamente mi e’ piaciuta poco. Intanto e’ una selva di grattacieli, tutti vicinissimi fra di loro. Io ne ho avuto una sensazione come di oppressione. Il bel viale che attraversa la parte commerciale è un susseguirsi di marchi di lusso, soprattutto italiani. E questo perché la città (ma in generale tutta l’isola) e’ invasa dai giapponesi.

Quello che non è riuscito nel 1941 con le armi è riuscito oggi con il commercio.

Folle di giapponesi che fanno shopping, e ovviamente prezzi da capogiro.

Anche i prezzi dei locali sono piuttosto alti. Se non si ha voglia di mangiare in un locale stile USA continentale (le catene, per intenderci) e si vuole andare in un ristorante, ci si deve preparare ad un salasso.

26 marzo 2013

E’ la mattina della visita a Pearl Harbour.

26032013 Memoriale di Pearl Harbour (16)

Devo precisare che questa settimana e’ la settimana di Pasqua, e l’isola e’ strapiena di turisti, soprattutto famiglie con bambini in età scolare. Abbiamo incontrato in giro soprattutto famiglie in formazione allargata, comprese di nonni e magari in compagnia di altre famiglie per viaggi comunitari.

Noi non siamo mattinieri, e il risultato e’ che i biglietti dell’ USS Arizona Memorial sono esauriti per tutta la giornata. In effetti sono esauriti dalle 7.30; non possiamo fare altro che guardare il memoriale da lontano, e dedicarci alle altre attrazioni.

Il sommergibile Bowfin, ma soprattutto la USS Missiouri, la corazzata su cui e’ stata firmata la resa incondizionata del Giappone dopo il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki.

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Questa e’ stata in assoluto la giornata più calda della nostra vacanza. Dopo le visite siamo esausti e affamati, ma si sono fatte quasi le 4, e troviamo solo un Tony Roma’s che ci fa mangiare qualcosa. L’impressione negativa di Waikiki della sera prima non cambia alla luce del giorno, e anzi, a causa del caldo, mi infastidisce essere circondata da palazzi.

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A questo punto, una volta ad Honolulu, decidiamo di visitare lo Iolani Palace, un’oasi di fresco e di silenzio in una citta’ piuttosto caotica, e Chinatown (molto molto deludente). Lo Iolani Palace e il monumento al re Kalakaua invece ci sono piaciuti molto.

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E’ suggestivo pensare ad un palazzo reale negli Stati Uniti, a questi re e regine deposti dai poteri forti economici.

Dopo un giro in città, e una capatina a Chinatown (uguale a tutte le Chinatown dell’universo mondo!) torniamo al resort, per una cena nella zona commerciale di Ko OIina.

Il nostro resort, infatti, è una struttura delle tante della zona di Kapolei, un’area a vocazione turistica dove, fra gli altri, c’è un resort Disney e un Hilton. A distanza “pedonale” c’è un “agglomerato” di ristoranti, bar e locali. Tripadvisor ne recensisce favorevolmente alcuni, e noi decidiamo per un messicano, Just Tacos, che si rivela ottimo e abbondante.

27 marzo 2013

Era previsto, lo sapevamo, ma che noia una mattinata di pioggia!

Praticamente ciondoliamo al resort per una mattinata, cercando di fare qualche foto, e sperando che il tempo si apra.

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Preferiamo tornare a Waikiki, e visitare l’Ala Moana, il grande Shopping Center.

In particolare ci facciamo rapire dal grande negozio di Hilo Hattie, dove ci facciamo un’idea dei souvenir e degli oggetti da portare.

Di fatto non compriamo nulla, ma qualche giorno dopo, nell’Hilo Hattie di Maui, saremo velocissimi a saccheggiare!

28 marzo 2013

La giornata della minicrociera.

Prenotiamo sul posto una minicrociera giornaliera, per godere dello splendido mare e fare un po di snorkeling.

Partiamo dal porticciolo turistico di Waianae, destinato tutto alle imbarcazioni da diporto per le gite dei turisti. Siamo partiti da poco, e….sorpresa: ecco i delfini!

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Un branco di delfini gioiosi che si mettono a girare intorno alla nostra imbarcazione, regalandoci uno spettacolino niente male!

Dopo lo spettacolo dei delfini, ci dedichiamo allo snorkeling, in una baia antistante il Makaha Beach Park.

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La giornata passa in maniera piacevolissima, fra bagni e navigazione, e nel pomeriggio rieccoci al resort, in tempo per goderci il tramonto.

28032013 Resort Il nostro Seawalk, fra il mare e il green del Golf Club (4) 28032013 Resort Tramonto dalla Spiaggia (3)

29 marzo 2013

La giornata e’ destinata ad un giro nella parte nord dell’isola, nella famosa zona delle spiagge che affrontano coraggiosamente il vento, paradiso dei surfisti. Sono spiagge molto belle, molto suggestive. L’acqua agitata non ispira per il bagno, ma poco male…..i panorami che offre la zona sono davvero mozzafiato.

La nostra prima destinazione, comunque, e’ il parco naturale di Waimea, una struttura meravigliosa dove si susseguono cascate e oasi botaniche.

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Dopo una bella passeggiata nel parco, continuiamo verso la zona della Sunset Beach e Turtle Beach, e ci fermiamo in un locale molto carino a Haleiwa.

Haleiwa e’ una piccola località molto caratteristico, un po’ hippy, tutto dedicato ai surfisti e alle tavole.

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Il locale che scegliamo è Johnson by the sea, proprio davanti alla spiaggia, con i clienti in pareo e pantaloncini.

29032013 Jameson's By The Sea Haleiwa

Dopo uno spuntino veloce, ci dirigiamo al Tempio Byodo-In, una delle attrazioni più suggestive che abbia visto in questa vacanza.

Si tratta di un tempio buddista incastonato fra le colline centrali dell’isola di Ohau. Di fatto e’ la riproduzione in miniatura di quello di Kioto, e all’interno c’è una statua del Buddha; è circondato da un laghetto, con un ponticello e la campana votiva. Un posto davvero particolare, che non riesco a paragonare a nessun altro.

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30 marzo 2013

L’ultimo giorno a Ohau passa pigramente fra passatempi balneari e una pizza e una birra da Monkeypod, sempre nella zona di Ko Olina.

31 marzo 2013

E’ arrivato il momento di partire…..lasciamo l’isola di Ohau diretti a Maui,

Ancora Settembre negli USA

E’ incredibile ……il titolo del mio blog dell’anno scorso calza a pennello anche quest’anno.
Evidentemente il mio Mal d’America ha bisogno di una cura almeno annuale per lasciarmi vivere a Messina.

Anche se questa volta gli Stati Uniti sono solo una tappa inserita a forza in un operativo voli Alitalia comprato con i punti Millemiglia.

Siamo partiti stamattina da Catania per Fiumicino, e da li’ direttamente a Miami.
Viaggiamo in Classica Plus, esperienza un po’ deludente. Il poggiapiedi si alza appena, la larghezza del sedile e’ di pochissimo maggiore di quella dell’economy,

L’omaggio e’ lo stesso della business, e sembra che anche il servizio a bordo sia differente da quello base.

Vedremo!

Apple Store: come essere fuori moda e non saperlo.

Oggi e’ venerdì e i negozi sul Magnificent Mile sono aperti fino alle nove. Passeggiando, siamo entrati all’Apple Store, e poiché nel 2010 sono entrata nel magnifico mondo di Steve Jobs con ben due apparecchi, un IPod Touch e un IPad, mi sono diretta alla zona accessori convinta di spendere tanti dollaroni per portare a casa ogni tipo di accessorio…….beata illusione. Il mio IPad 1 e’ praticamente arcaico, non c’e nulla che possa andare bene. Le foderine colorate tanto carine sono solo per il modello 2, le copertine con tastiera e supporto idem…..il ragazzo mi ha spiegato che ormai gli accessori per Ipad 1 non li tengono nemmeno in negozio, forse sono disponibili on.line.
Gia’ piuttosto depressa mi sono rivolta alla zona IPod Touch….ma il mio non e’ quello della ultima generazione, e dunque nemmeno lui merita un accessorio……tutte le cover sono per quelli di ultima generazione, più piccoli e piu’ snelli.

Insomma, nel giro di pochi minuti mi sono sentita out of fashion, e guardando con compassione i miei gadget, mi sono ritirata in buon ordine.

P.s. del 22 settembre. A Pocatello, Idaho, in un Walmart, ho trovato una foderina Kensington che va bene per il mio Ipad 1 – Nelle piccole citta’ sanno come si vive!

P.s del 24 settembre. A Lakewood, Co, in un centro commerciale ho trovato delle deliziose foderine per il mio Ipod Touch 3G.

Steve Jobs………………………prrrrrrrrrrrrrrrrrrr!!!!!!!!