Denver – La “mia” Mile-High City –

Denver – La “mia” Mile-High City –

Come al solito, preciso che questa mia piccola descrizione di Denver non vuole essere una guida, ma non e’ nemmeno un dettagliato diario. Sono solo le mie impressioni e il miei ricordi su questa citta, visitata nel settembre 2011 nel mio giro nella Real America.

Denver infatti e’ stata per me una grande sorpresa. Pensando al Colorado pensavo ai cowboys, ai boschi, ai minatori della corsa all’oro; e mi aspettavo una citta’ dal sapore antico, magari con case di mattoni e viali alberati.

Niente di piu’ falso: Denver e’ una delle citta’ piu’ avveniristiche che io abbia mai visto.

Il downtown e’ un’insieme di grattacieli modernissimi, e le case del secolo scorso sono solo su un paio di strade dietro al Campidoglio.

Denver e’ la capitale dello stato del Colorado, chiamata la Mile-High City perche’ a 1600 metri sul livello del mare, ossia un miglio. Noi ci siamo stati a fine settembre, e abbiamo avuto la fortuna di avere giornate di sole, che rendevano l’aria frizzantina e piacevole.

La citta’ e’ molto grande, un’area metropolitana fatta da cittadine attaccate. Noi avevamo preso l’hotel a Lakewood, una zona ad ovest della tristemente nota Aurora.

La nostra visita del centro di Denver si e’ svolta in una giornata, giornata in cui abbiamo camminato molto. Infatti Denver, nella sua Downtown, e’ piuttosto limitata per le auto, e parecchie strade sono esclusivamente pedonali. Abbiamo posteggiato in un multipiano, e da li’ abbiamo camminato parecchio.

Il cuore della citta’ e’ l’area attorno al Civic Center Park – Noi siamo arrivati alla grande area del Civica Center provenienti dalla 16th Street, dove si concentrano i negozi, i cinema, i ristoranti e i teatri della citta. Una via esclusivamente pedonale, percorsa al centro da piccoli autobus elettrici completamente gratuiti che vanno su e giu’ senza interruzioni; la 16th Street non per nulla e’ chiamata Pedestrian Mall, perche’ ti da la sensazione di un unico grande centro commerciale. E’ interamente coperta dal Wi-Fi cittadino, ed e’ affollatissima di studenti , con molte fontane, piazzole, panchine: insomma un luogo molto fruibile per tutti.

Da li’, siamo arrivati al Civic Center Park, un enorme spianata fatta da giardini e viali, dominata dal Capitol.

Noi siamo arrivati all’ora dell’intervallo del pranzo, e ci siamo stupiti di vedere la quantita’ di impiegati che affollavano i locali e che facevano la fila davanti ai chioschi mobili di hotdog e specialita’ etniche. C’è un motivo: Denver, dopo Washington, e’ la citta’ americana con piu’ impiegati governativi. La sua posizione centrale nel paese ha fatto si che l’amministrazione vi concentrasse un gran numero di uffici. Probabilmente la giornata di sole aveva fatto uscire a passeggio nel break di pranzo molte persone, ma credetemi, la folla di persone ci ha colpito.

Passato il Civic Center Park, eccoci davanti ad una delle costruzioni piu’ particolari che io abbia mai visto: il padiglione Hamilton del Denver Art Museum. Il museo e’ un complesso di edifici, in alcuni dei quali sono custodite collezioni interessanti. Ma l’ultimo padiglione, quello progettato dall’architetto Libeskind, conosciuto come “padiglione Hamilton” e inaugurato nel 2006 e’ qualcosa di indimenticabile.

La forma intanto e’ indescrivibile: praticamente una specie di piramide al contrario, con un gran numero di facce, luccicante nel sole perche’ esternamente rivestita di titanio e vetro. Nei giardini che lo circondano ci sono sculture modernissime, e tutto il complesso e’ davvero particolare, inusitato.

Dopo un giro completo dell’edificio, e tante foto, abbiamo deciso di tornare alla macchina per un giro nel Golden Triangle, la zona piu’ ricca e signorile di Denver, dove ci sono le ultime case del XIX secolo rimaste. Quella piu’ conosciuta e’ la casa di Molly Brown, che oggi ospita un museo. Molly Brown, nata poverissima sposo’ un minatore, che trovo’ una miniera d’oro (nel vero senso della parola). Diventata ricchissima fu un personaggio centrale per la vita culturale di Denver alla fine dell’Ottocento, e fu anche mecenate di artisti e benefattrice di opera caritatevoli. Si adopero’ molto per i diritti delle donne e dei bambini, e grazie a lei nacquero orfanotrofi e case di accoglienza; noi la conosciamo soprattutto perche’ e’ la sopravvissuta del Titanic piu’ famosa. Ricordate “Titanic”? Lei era interpretata da Kathy Bates, e proprio per questo benne soprannominata “The unsinkable Molly”, l’inaffondabile Molly. La sua casa oggi e’ museo, e vengono permanentemente esibiti reperti originali del Titanic.

A Denver c’è altro, ovviamente, ma ci sono anche localita’ graziose nelle vicinanze. A parte la vicinanza con il Rocky Mountain Park, e le cittadine di Boulder e Estes Park (deliziosa), altre localita’ carine raggiungibili in giornata sono Colorado Springs e Manitou Springs.

Colorado Springs e’ una cittadina a forte vocazione turistica, circondata da montagne, con una strada principale con negozi di arte e abbigliamento. Ci sono parecchi hotel con SpA e attivita’ destinate ai visitatori.

Manitou Springs, anch’essa cittadina turistica, sembra sia stata in passato una delle mete preferite degli hippies. Io non ho visto nessun hippy, in compenso in un negozio ho visto in esposizione i calumet per il fumo di marjuana, quelli in vetro tipo narghile’, e le pipe per lo stesso uso!

Nelle vicinanze ci sono anche Pikes Peacks, una montagna percorsa da una strada tramite la quale si arriva al punto piu’ alto raggiungibile in auto, oltre 4.000 metri, e Cripple Creek, una cittadina di minatori oggi trasformata in paradiso dei casino’ –

Last but not least, vicino Denver c’è un fantastico Outlet, il Castle Rock Outlet

http://www.outletsatcastlerock.com/

Stephen King non c’entra nulla, l’unico ad essere terrorizzato sara’ il vostro direttore di banca!

Il Continental Divide e il Wolf Creek Pass –

Non mi sono mai vergognata di quello che non so, perche’ quando non conosco una cosa ho lo stimolo per imparare qualcosa di nuovo.
Se leggo o sento una parola nuova, vado subito a prendere il vocabolario.
Se non posso farlo subito, o quando sono all’estero e leggo una parola che non conosco, me lo appunto, e quando e’ possibile controllo.

Nel 2011, in Colorado, ho scoperto l’esistenza dei Continental Divide, (o Great Divide) ovvero dello spartiacque per definizione, la linea geografica che divide i fiumi che sfociano nell’Atlantico da quelli che sfociano nel Pacifico.

Il concetto di spartiacque e’ molto comune, ovviamente coincide con una catena montuosa, e ce ne sono diversi per ogni continente. ma il Great Divide e’ anche geograficamente molto suggestivo, in quanto corre da Nord a Sud, dall’Alaska al Messico, fino al Canale di Panama, per poi proseguire, con un nome diverso ma sostanzialmente continuo, lungo le Ande fino alla Patagonia.

In pratica e’ la spina dorsale dell’America, e negli USA attraversa alcuni dei posti geograficamente piu’ interessanti, il Glacier Park, Yellowstone, il Rocky Mountains National Park.
E’ difficile da credere, ma esiste anche un Trail che lo segue per oltre 5.000 chilometri, e che attraversa cinque stati, assumendo talvolta l’aspetto di una strada asfaltata ma spesso restando una semplice strada di campagna.

E sembra che ci siano persone che realmente lo percorrono, anche in bicicletta e in solitaria :

Il mio incontro con il Great Divide avviene il 21 settembre 2011, giornata di trasferimento da Durango a Denver. Avevo sentito parlare di Divide gia’ a Yellowstone, ma sinceramente non mi aveva colpito. Forse la mia mente in quel momento era piena di cosi’ tante cose che non c’era spazio per altre novita’. Ma quel giorno, percorrendo la US160 verso Nord, stavamo attraversando la Rio Grande Forest, e ci siamo trovati a passare dal Wolf Creek Pass, dove il Divide era segnalato e ben spiegato.

La cosa incredibile di quel posto e’ che, pur trattandosi di un passo di montagna a oltre 3000 metri, veniva raggiunto da una strada larghissima di due corsie per lato, illuminata e presidiata dalla Police Patrol. Sul picco un posto panoramico, un ampio parcheggio, ovviamente targhe, segnali e strutture pubbliche “di conforto”

Inutile precisare che quella che a settembre e’ una bella gita al freschetto, nei mesi invernali puo’ diventare una avventura alla Jack London (e senza Zanna Bianca).

N.B. Ho studiato soprattutto qui https://en.wikipedia.org/wiki/Continental_divide

Le Figlie della Repubblica del Texas – The Daughters of the Republic of Texas (DRT) –

Il complesso dell’Alamo e’ diventato Patrimonio Mondiale dell’Umanità solo lo scorso 6 luglio 2015.

Patrimonio Unesco

La cura del monumento dal 2011 è responsabilità dello Stato del Texas.
Ma prima?

Incredibile a credersi, la cura di un tale patrimonio storico fino al 2011 è stata gestita da una associazione di donne, discendenti lineari dei soldati della Repubblica del Texas, ovvero le Figlie della Repubblica del Texas, The Daughters of the Republic of Texas (DRT)

Le Figlie della Repubblica del Texas – The Daughters of the Republic of Texas (DRT)

Questa associazione nasce nel 1891, con la finalità di perpetuare la memoria del coraggio dei soldati che hanno combattuto per la libertà del Texas ai tempi in cui il Texas era una Repubblica indipendente.
Nel tempo le finalità dell’associazione si sono estese agli studi storici, alla tenuta di una biblioteca storica, e soprattutto alla cura del complesso dell’Alamo.

Per farne parte bisogna dimostrare di essere discendenti dirette di persone che hanno servito il Texas prima del 1846, ovvero militari, politici, e amministratori statali.
Le Figlie della Repubblica del Texas hanno un archivio storico di tutto rispetto, e oggi sono oltre 7.000.

http://www.drtinfo.org/membership-2/how-to-become-a-member

http://www.4006271860.com/2015/10-12/59146016.html

http://www.notaryofflorida.com/20aQXo05/

La cosa più notevole da raccontare, è che quando alla fine del XIX il monumento dell’Alamo cominciò ad avere dei danni strutturali pesanti, queste donne piene di risorse trovarono il modo per metterlo in sicurezza, coinvolgento nei loro progetti una ereditiera texana, Clara Driscoll, che fornì le somme per comperare il complesso, e prendersene cura.

Tutt’ora le intraprendenti signore delle Figlie della Repubblica del Texas organizzano le manifestazioni in ricordo della Battaglia di Alamo, come quella a cui io ho assistito nell’Aprile del 2015 –

Eccole pronte alla sfilata, nei loro bei vestiti bianchi e i cappelli rossi con i fiori, la loro “divisa” di gruppo.

Le mie fonti : Wikipedia

https://en.wikipedia.org/wiki/Daughters_of_the_Republic_of_Texas

Il sito ufficiale delle Figlie della Repubblica del Texas

http://www.drtinfo.org

The Alamo – San Antonio (Texas) – The Shrine of Texas Liberty – Il tempio della libertà del Texas –

The Alamo – San Antonio (Texas)

The Shrine of Texas Liberty – Il tempio della libertà del Texas –

Gli abitanti del Texas sono fieri del loro Stato, si sentono quasi abitante di una Nazione diversa rispetto agli Stati Uniti.
Questo loro aspetto nazionalista, quasi di presuntuosa superiorità, ha delle ragioni storiche molto precise.
Il Texas infatti nella prima metà dell’Ottocento, ha goduto di una propria indipendenza, guadagnata a prezzo di sangue, con battaglie epiche che ancora oggi si ricordano.

Una di queste fu la battaglia di Alamo, combattuta il 6 marzo 1836, che portò al massacro di oltre 250 combattenti, texani ma anche soldati provenienti da altri stati del Sud, fra cui il famoso Davy Crockett.
L’onta fu lavata nel sangue poche settimane dopo, con la battaglia di San Jacinto del 21 Aprile 1836 al grido di “Remeber Alamo”, e così il Texas diventò una Repubblica autonoma fino al 1845, quanto fu annesssa pacificamente e consensualmente agli Stati Uniti d’America.

L’Alamo nasceva in verità come Missione religiosa, con il nome di Missione di San Antonio de Valero. Abbandonata dai religiosi, fu utilizzata come presidio militare dalle truppe ribelli texane con il nome di Fort Alamo.

Oggi è una delle destinazioni turistiche più conosciute del paese , sicuramente la più nota di San Antonio e probabilmente del Texas, sia per l’amore del popolo statunitense per le vestigia del loro pur recente passato, sia per la carica patriottica che il luogo trasmette, tanto da essere chiamato “The Shrine of Liberty – Il tempio della Libertà”

E’ al centro di San Antonio, facilmente raggiungibile, con un posteggio molto vicino, a pochi passi dal Riverwalk e dall’Hotel Menger, un hotel storico che al tempo della guerra di indipendenza texana era una casa di piacere. Oggi il Menger vale la pena di essere visitato per la splendida sala da ballo e il patio in stile messicano.

All’interno dell’Alamo (vale la pena ricordarlo, dove non si paga biglietto di ingresso) c’è un Museo dedicato alla guerra di indipendenza Texana e ai reperti della storia del grande paese.

Il sito ufficiale dell’Alamo di San Antonio, con tutte le indicazioni per la visita.

The Alamo – http://www.thealamo.org

Il sito ufficiale dell’Hotel Menger:

Hotel Menger – http://www.mengerhotel.com

Le mie fonti, che mi hanno aiutato a capire qualcosa di più del periodo storico, visto che quando mio cugino mi ha raccontato le vicende ne ho capito si e no la metà (povero il mio inglese!):

Wikipedia – Battaglia di Alamo

Wikipedia – The Alamo

Questa è la ricostruzione della Battaglia di Alamo nella vetrina di un negozio della Hall del Menger Hotel, specializzato in soldatini da collezione. La foto non è mia, ma ho visitato il negozio nella mia visita a San Antonio, il Kings X Toy Soldiers

King X Toy Soldiers

The Alamo

America the Beautiful.

Il testo di questa bellissima canzone e’ stato scritto da Katharine Lee Bates (1859-1929); la scrittrice fu ispirata dalle bellezze del Colorado, in particolare dalla vista dalla cima del Pikes Peak.

Ne avevo sentito parlare, ma quella mattina, nel Rocky Mountain National Park, ho capito cosa aveva provato la Bates, e ho cominciato a canticchiare quella melodia, come se il sentimento di ammirazione per la bellezza che mi circondava avesse bisogno di essere espresso.


O beautiful for spacious skies,
For amber waves of grain,
For purple mountain majesties
Above the fruited plain!

America! America!
God shed His grace on thee,
And crown thy good with brotherhood
From sea to shining sea!

O beautiful for pilgrim feet
Whose stern impassion’d stress
A thoroughfare for freedom beat
Across the wilderness.

America! America!
God mend thine ev’ry flaw,
Confirm thy soul in self-control,
Thy liberty in law.

O beautiful for heroes prov’d
In liberating strife,
Who more than self their country loved,
And mercy more than life.

America! America!
May God thy gold refine
Till all success be nobleness,
And ev’ry gain divine.

O beautiful for patriot dream
That sees beyond the years
Thine alabaster cities gleam
Undimmed by human tears.

America! America!
God shed His grace on thee,
And crown thy good with brotherhood
From sea to shining sea.

Mesa verde, ovvero l’autocritica della donna bianca

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Mesa Verde. Mi ha fatto riflettere la visita a questa meraviglia archeologica.
Coloro che hanno costruito i cliff dwellings, che li hanno abitati per secoli, non erano dei selvaggi, ma un popolo con usanze, tradizioni, una organizzazione sociale definita, una economia abbastanza complessa, delle abilita’ sorprendenti.

Eppure i loro discendenti sono stati considerati “selvaggi” dai bianchi colonizzatori, che non vedevano l’ora di saccheggiare le ricchezze del sottosuolo. Non credo sia stato giusto.

 

Salt Lake City e Temple Square –

Non sono una persona che riesce a scrivere in maniera asettica, e dunque queste poche linee su Salt Lake City non possono essere una guida, ma solo la descrizione delle mie personali sensazioni sulla citta’.

La prima cosa che mi ha colpito e’ stata la grandezza della citta’: e’ una metropoli, e arrivando dal nord, dall I15, le aree industriali e commerciali cominciano chilometri prima, con un notevole flusso di automezzi pesanti.

La citta’ sorge a oltre 1.200 mt. di altitudine, (nel 2002 ha ospitato le Olimpiadi Invernali) e ha grandi strade, e molto, molto verde.

C’è una bella zona universitaria, con edifici in mezzo al verde, e un parco dal nome stranissimo, il “This is the Place Park” un parco con un percorso che celebra la vita e le usanze dei pionieri, e, su un dislivello, un monumento che commemora il momento in cui Brigham Young arrivo’ nel 1847 nella Salt Lake Valley, alla testa di 150 pionieri mormoni cacciati da altre citta’.

Nonostante il territorio fosse esclusivamente un deserto desolato, Young ebbe l’ispirazione di fermarsi, e solennizzo’ il momento con la frase “This is the place” .

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Da quel momento e fino alla fine del XIX secolo i mormoni in cerca di rifugio affluirono a Salt Lake City, prima atraverso il percorso del Mormon Trail, e poi con la ferrovia, fino a fare diventare Salt Lake City una delle citta’ piu’ ricche e sviluppate degli Stati Uniti.

Logicamente Salt Lake City e’ oggi la “citta’ santa” dei mormoni, che preferiscono essere chiamati fedeli della Chiesa di Gesu’ Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Il cuore della citta’ e’ la Piazza del Tempio, la Temple Square.

E’ uno spiazzo quadrato di 200 mt. di lato, che racchiude in se’ e sui bordi alcuni degli edifici piu’ significativi dei mormoni, che possono parzialmente essere visitati anche da chi non e’ fedele.

C’è il Tempio, il centro della piazza e della citta’, edificio sacro in cui non puo’ entrare chi non e’ della Chiesa. Il Tempio e’ circondato da giardini bellissimi e curatissimi, fontane e laghetti artificiali; un posto davvero bello.

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Il Tabernacolo e’ spettacolare, perche’ e’ una grande sala da concerti da 6000 posti, con un organo enorme, e un’acustica perfetta. Una ragazza che assisteva i turisti ci ha dato una dimostrazione: ha stracciato un foglietto al centro della sala, a oltre 20 metri di distanza…..e effettivamente il rumore si e’ diffuso in maniera regolare dappertutto, come se fosse accanto a noi.

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La Sala delle Assemblee e’ una specie di cappella, in stile gotico, con delle vetrate molto belle, e delle guglie tutte lavorate.

Lungo il confine della piazza c’è un muro altissimo, interrotto da alcuni edifici anche questi interessanti. C’è il Conference Center, un centro da 21.000 posti, con una particolarita’ interessante: un meraviglioso giardino sulla terrazza, una cosa davvero unica.

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C’è la torre degli uffici della Chiesa, un grattacielo di 23 piani dalla cui cima si puo’ godere della vista della citta’ (a meno che non si arrivi di sabato, come e’ successo a me, quando la torre e’ chiusa!).

Ci sono due edifici risalenti al XIX secolo, oggi destinate a ristoranti, che erano le abitazioni di Young e del suo successore, e un delizioso edificio che mi e’ piaciuto molto, il Joseph Smith Memorial Building, che fino al 1987 era un hotel. Oggi questo edificio liberty, perfettamente restaurato, e’ un luogo destinato ai banchetti nunziali e a riunioni e congrassi, e ha al piano terra una sorta di esposizione permanente di abiti e ricordi di matrimoni di tutte le epoche.

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E poi l’edificio dove sono conservati i registri anagrafici (oggi elettronici ) dei fedeli di tutto il mondo, l’edificio da cui partono tutte le attivita’ assistenziali e di volontariato della chiesa, i Visitor Center….

E’ chiaro che tutta la citta’ e’ permeata da una atmosfera profondamente religiosa; la domenica, giorno tradizionalmente dedicato alla preghiera e alla famiglia, il centro e’ tutto chiuso, e praticamente deserto; noi per mangiare siamo dovuti finire nella zona messicana.

Inoltre, nella piazza del tempio, abbiamo fatto degli incontri interessanti.
Premetto che uno dei precetti della religione mormone e’ il proselitismo. Avete presente quei ragazzi in camicia bianca e cravatta nera che girano nelle nostre strade? Ecco, sono missionari mormoni.
In tutta la piazza del tempio sono “sguinzagliati” a coppie ragazzi e ragazze che con un sorriso avvicinano i turisti, scambiano qualche frase con loro, si mettono a disposizione per scattare foto e dare spiegazioni (come la ragazza nel Tabernacolo di cui scrivevo sopra). Il tutto in modo gentile e ai limiti di una leggera insistenza. Nel Joseph Smith Memorial Building siamo stati avvicinati da un certo Harry che ci seguiva passo passo dovunque andassimo, inondandoci di parole….noi piano piano ci siamo avvicinati alla porta, e lui ci seguiva……una scena quasi da ridere! Pero’ sono persone molto gentili, e davvero disponibili nei confronti degli altri.

Really on the road

Oggi sto veramente apprezzando il sapore dell’ on the road e della mancanza di prenotazioni. Stamattina siamo partiti direzione Cody direttamente, ma in macchina abbiamo esaminato un poco di materiale, e abbiamo deciso di variare il nostro programma originario…..ecco, mi piace!

Stamattina abbiamo conosciuto in hotel una coppia di pensionati belgi alla loro ottava esperienza negli USA. Lui aveva un libro di prenotazioni, appunti, vouchers……il prototipo dell’organizzazione!
Ci hanno dato indicazioni interessanti per il Colorado………

Devo dire che da ieri mi sto cominciando a rilassare, a sentire il viaggio.
L’unica cosa e’ che questo relax mi sta facendo dimenticare sempre qualcosa in giro……ieri le felpe, stamattina la bottiglietta dell’acqua e due fette di pizza in frigo…….stiamo facendo tipo Pollicino.
Speriamo di non dimenticare cose importanti, all’acqua e alla pizza c’e rimedio!

I presidenti del Monte Rushmore

Questo viaggio e’ stato pieno di scoperte interessanti.

Per esempio, alcuni particolari su Monte Rushmore.

 Uno dei miei desideri era quello di vedere Monte Rushmore, e le facce dei presidenti.

Il caso ha voluto che ci trovassimo li’ proprio l’11 settembre 2011, e che potessimo partecipare alla cerimonia serale.

Durante la cerimonia serale viene proiettato un breve filmato, prodotto da National Geographic, che spiega molte cose a proposito del monumento: storia e curiosita’.

Uno degli argomenti che mi e’ rimasto piu’ impresso e’ stato quello della scelta dei quattro presidenti, e dei motivi per cui sono stati scelti –

I presidenti sono Washington, Jefferson, Lincoln e Roosvelt, e sono l’emblema della nascita, della crescita, della conservazione e dello sviluppo degli Stati Uniti.

 George Washington, oltre ad essere stato il primo presidente degli Stati Uniti, fu il generale che guido’ il neonato esercito continentale contro le truppe inglesi, guadagnando l’indipendenza per le tredici colonie.

Thomas Jefferson, il terzo presidente, fu autore e firmatario della Dichiarazione di Indipendenza, e diede agli Stati Uniti una costituzione, un sistema di leggi e una dignita’ internazionale, oltre a cominciare le esplorazioni e la conquista dell’Ovest.

Abramo Lincoln, sedicesimo presidente, aboli’ la schiavitu’, ma soprattutto sconfisse gli stati confederati del Sud, che chiedevano la secessione dal governo federale, preservando l’unita’ della nazione.

 Infine Theodore “Teddy” Roosvelt, che da buon newyorkese fu uno dei presidenti piu’ attivi e decisi nel pianificare interventi per l’espansione internazionale degli USA. Pianifico’ la costruzione del canale di Panama, ultimo’ la rete ferroviaria statunitense, combatte alla testa di un battaglione raccogliticcio a Cuba contro la Spagna, senza mai dimenticare i diritti dei lavoratori, e la politica ambientale: fu proprio lui, infatti, ad istituire i parchi nazionali.

Il mio 11 settembre davanti ai Presidenti

E’ stato un momento particolare, la sera dell’11 settembre al National Memorial, davanti a Washington, Jefferson, Lincoln e Roosvelt. Siamo arrivati nel posteggio insieme ad almeno altre 500 persone, in buona parte famiglie e seniores. Abbiamo fatto quattro passi li’ intorno, ma l’orario non consentiva foto, ne’ vedute. Ci siamo accomodati sugli spalti dell’anfiteatro, e nell’attes della cerimonia un ranger ci ha intrattenuto con un facile quiz sui parchi nazionali. Poi e’ cominciata la cerimonia vera e propria, con un discorso patriottico del ranger (basato su un discorso del 1783 di George Washington), un video di Discovery Channel sui quattro presidenti, la loro importanza nella storia americana, la loro eredita’ di valori.
A quel punto i volti dei presidenti sono stati illuminati.
E infine la parte più commovente. Sul palco solo affluiti tutti i militari in servizio e in pensione presenti, e in occasione dell’11 settembre sono stati invitati anche pompieri e volontari.


Abbiamo osservato un minuto di silenzio per le vittime dell’11 settembre.
Poi si e’ intonato l’inno, e infine c’e stata la cerimonia dell’ammainabandiera.

Cinque volontari hanno piegato e consegnato la bandiera al Ranger, e dopo un’ultimo applauso, siamo defluiti verso l’uscita.


E’ stato un momento molto toccante e mi sono sentita molto partecipe.
Ho sentito quei valori di libertà non appartenenti ad un unico popolo ma a tutta l’umanità .
Ieri sera per qualche minuto, anch’io sono stata americana