Southern States – Florida, Nashville, Memphis e New Orleans

Il nostro viaggio negli Stati del Sud nasce sicuramente dal nostro “Mal d’America”, che da dieci anni porta mio marito e me a prendere una aereo per gli States in media ogni 18 mesi, e da una mia infatuazione per il Sud degli Stati Uniti, che gia’ nel 2004 ci aveva portato, fra l’altro in Georgia e nelle Caroline.

Siamo arrivati e ripartiti da Miami per motivi di praticita’ e di economia; partendo da Catania preferiamo volare Alitalia, che ha un volo diretto Roma / Miami, su cui spesso pratica sconti (quest’anno abbiamo pagato 408 euro a persona).
Abbiamo passato i primi 10 giorni in Florida, stato che gia’ conoscevamo e di cui eravamo (e siamo) innamorati. Abbiamo rivisto qualcosa che ci era piaciuto nel 2005, e approfittato per vedere posti e destinazioni nuove. L’idea era anche quella di fare qualche giorno di sole e mare, ma la nuvoletta di Fantozzi che mi perseguita ha colpito ancora (io ho al mio attivo quattro giorni di pioggia nello Yucatan, una settimana di freddo a giugno in Salento, una media di 10 gradi in Normandia a Luglio…la prossima vacanza la faccio in Darfur, cosi’ risolvo una tragedia umanitaria!).

Arriviamo a Miami in perfetto orario il 7 novembre 2009, e dopo le formalita’ di immigrazione e doganali (questa volta velocissime) e la consegna della macchina noleggiata, ci dirigiamo a Fort Lauderdale, dove abbiamo fatto base per la prima settimana. In effetti la scelta è stata motivata dal fatto che abbiamo utilizzato una settimana di scambio della nostra multiproprieta’ Marriott nel fantastico BeachPlace Towers, un condominio di lusso sul lungomare di Fort Lauderdale. Avevamo un lussuosissimo appartamento (chissà perche’ loro lo chiamano “villa”) con terrazza con vista sui canali, camera da letto hollywoodiana con vasca idromassaggio e cucina ipertecnologica, in una struttura con piscina con vista panoramica, palestra dietro una vetrata sull’oceano, ma comunque collegata alla spiaggia da un passaggio pedonale sopraelevato sul lungomare. Fort Lauderdale è una localita’ graziosissima, ovviamente destinata ai pensionati e ai vacanzieri, con un lungomare pieno di negozi e ristoranti e una bellissima spiaggia bordata di palme. Peccato che quando siamo arrivati c’era una specie di uragano, con vento fortissimo che è durato per sei giorni….ovviamente fino alla mattina della partenza, quando il tempo è diventato estivo!

Da Fort Lauderdale abbiamo fatto escursioni ogni giorno, visitando le localita’ della costa Est. Hollywood, Deerfield, Palm Beach, Boca Raton, Pompano….siamo anche tornati sulla costa Ovest, nella graziosissima Naples con il suo Pier, a Sanibel Island per le conchiglie e a Fort Myers, a vedere le ville di Edison e di Ford. Non poteva mancare Miami e una puntata agli Outlet di Sawgrass Mills. Alternavamo momenti di relax (soprattutto i primi giorni) con uscite piu’ o meno lunghe; abbiamo cercato di variare la qualita’ del cibo, e abbiamo alternato i pasti a “casa” ai ristoranti delle varie catene: Red Lobster, Longhorn, Bubba Gump. A Hollywood abbiamo mangiato dal famoso Billy’s Crab (famoso probabilmente anche per il conto!) mentre a Miami in una steak house argentina , “The Knife”, che gia’ conoscevamo a Coconut Groove. Devo dire che mangiare nel nostro appartamento una volta al giorno in maniera piu’ leggera o facendoci un piatto di pasta (nei supermercati si trova davvero tutto, dalla pasta Barilla alla salsa Mutti) è stato molto piacevole!

Il 14 novembre ci siamo spostati sulla costa Ovest, diretti a Clearwater – St. Petersburg, dove avevamo prenotato un monolocale in residence . Non era un granche’, ma anche qui abbiamo utilizzato dei punti Marriott, e il fatto di non pagare ci ha fatto superare tutti i difetti! Anche qui abbiamo alternato pasti cucinati da noi a pranzi e cene fuori.

La zona di Clearwater- St.Petersburg è un trionfo di spiagge bianchissime, di State Parks, di natura rigogliosa, curatissima, comodita’ ….una goduria per i turisti (e ovviamente per gli onnipresenti pensionati!) In cinque giorni abbiamo visitato varie spiagge: Honeymoon Island, Caladesi, Fort De Soto, Sand Key….una piu’ bella dell’altra, riserve naturali regno di mangrovie e gabbiani. Clearwater Beach invece è la classica spiaggia per famiglie, larghissima, con un Pier popolarissimo di pescatori e bancarelle, soprattutto all’ora del tramonto; mentre St.Petersburg ha un Pier e un lungomare molto chic, con negozi e ristoranti di livello medio-alto. Il tempo finalmente era bello, ma ci siamo limitati a prendere il sole: onestamente il mare non ci ispirava troppo, visto che negli State Park, per consentire la sopravvivenza a tutte le forme di vita, sulla spiaggia vengono lasciate le alghe. Fastidiose la zanzare a Caladesi, ma sembra che anche quelle siano forme di vita da proteggere per la catena alimentare!

Il fiore all’occhiello dei nostri giorni a Clearwater-St.Petersburg è stata pero’ la visita ai Bush Gardens di Tampa. Una struttura indescrivibile, in parte orto botanico, in parte bioparco, ma soprattutto parco divertimenti. Un biglietto unico di 80$ a persona ti fa entrare nel regno della natura, dove passeggi fra piante rare, animali in liberta’, uccelli……puoi prendere la jeep e andare a nutrire le giraffe, prendere una funivia e vedere le zebre e le gazzelle, vedere tigri e leoni dietro le grate (c’è una rarissima tigre bianca) e ippopotami, rinoceronti, elefanti, scimpanze’ e gorilla, oltre a uccelli di tutte le misure: dai fenicotteri rosa alle ara multicolori ai canarini piu’ rari. Il tutto ovviamente spiegato e organizzato nel piu’ tipico stile dei parchi giochi. Bello, bello, bello, forse una delle cose migliori che abbia visto in Florida : sicuramente piu’ istruttivo e meno comune dei gia’ noti parchi Disney.

Sazi di natura, il 18 novembre siamo partiti da Clearwater verso Nord, per il nostro giro on-the-road alla ricerca delle suggestioni del vero Sud, con tanto entusiasmo, e vestiti estivi, cosa di cui ci siamo pentiti qualche ora dopo: memori delle calde estati dei libri di John Grisham, non pensavamo che a Novembre gli Stati del Sud siano abbastanza continentali, come temperature!

Abbiamo dedicato due giorni all’Alabama, un percorso sulla memoria della lotta per i diritti civili (Martin L.King, la rivolta degli autubus, la bomba di Birmingham). A Montgomery abbiamo visitato la parrocchia e la casa del reverendo King, con ancora il segno della bomba nel portico. A Birmingham c’è un bel Museo dei Diritti Civili, proprio di fronte alla Chiesa Battista tristemente nota. Nel Museo si svolge un cammino della memoria fra i principali eventi della lotta per i diritti civili della popolazione afro-americana; molto, molto emozionante. Abbiamo visto cose interessanti, abbiamo riflettuto, e abbiamo spezzato il viaggio verso il Tennesse.

Siamo arrivati a Nashville nel pomeriggio del 19 novembre, abbiamo preso un hotel vicino al centro (Best Western Music Row, ottimo, personale gentile, bella stanza, non troppo costoso, bar con musica dal vivo) e abbiamo fatto un giro di orientamento sulla Broadway e 2nd Ave N,dove di fatto ci sono i locali piu’ famosi, dal BB.King al Wildhorse Saloon. La Broadway è la strada piu’ turistica di Nashville, si succedono negozi di dischi, negozi di abbigliamento western, locali in cui a qualsiasi ora del giorno e della sera trovi qualcuno con una chitarra, gli stivali, ed una birra che canta un pezzo country. Molti turisti, soprattutto statunitensi.

L’indomani abbiamo visitato il Musicians Museum and Hall of Fame, l’Auditorium, abbiamo passeggiato su Broadway, abbiamo mangiato al Jack’s Bar-B-Que (un locale famoso, una fila incredibile, servizio comunque velocissimo, tipico e originale)e poi siamo andati a Opryland, un complesso incredibile di alberghi (anzi, uno solo immenso, con un giardino botanico nella hall; recentemente si è visto in TV per la convention del Tea Party, con la partecipazione di Sarah Palin) e un centro commerciale intorno al nuovo teatro Opry, costruito fuori citta’ per sostituire quello storico in centro. In serata siamo andati al Wildhorse Saloon a vedere il Country; c’erano degli artisti che si esibivano, ma soprattutto io volevo vedere dal vivo una countryline, il ballo tipico –

Il 21 novembre siamo partiti per Memphis, ma prima abbiamo visitato una piantagione, la Belle Mead Plantation: una cosa molto particolare, una casa del vecchio Sud. Fra l’altro per arrivarci abbiamo attraversato una zona di casa lussuosissime, una piu’ bella dell’altra. Nel pomeriggio siamo arrivati a Memphis (l’albergo era un Best Western vicino a Graceland, pulito, economico, comodo, ma nulla di speciale) e abbiamo passato la serata passeggiando su Beale Street, guardando nei locali i cantanti simil-Elvis che si esibivano nel repertorio classico. Credevo fosse una leggenda metropolitana, ma davvero ho visto persone vestite da Elvis, con il ciuffo e il cinturone (uno si accompagnava con una Marilyn!)

Il giorno dopo abbiamo visitato Graceland: c’è bisogno di un giorno intero, in quanto non c’è solo la casa da visitare, ma esibizioni a tema, l’esposizione delle macchine, delle moto, dei vestiti, delle memorie militari. Il giro della casa è fatto con una audio guida in italiano, e in ogni punto c’è un numero con contributi audio. Bello, emozionante, coinvolgente. In serata abbiamo passeggiato ancora su Beale Street cenando nel locale di ispirazione irlandese Silky O’Sullivan (a proposito, la cucina del Sud è buona, ma pesante e secondo me poco varia; oltre ai vari locali, c’è la catena Cracker Barrel, che vende oggetti di sapore western e nei ristoranti propone piatti tipici della tradizione ). Prima di tornare in albergo abbiamo fatto una passeggiata lungo il padre Mississipi, che abbraccia la citta’, e abbiamo visitato by nigth Graceland (fuori dal cancello, dalla strada, insieme ad un’altra decina di scalmanati, facendo le foto in piedi sul predellino della macchina), con il giardino gia’ ornato per Natale con gli addobbi originali di Elvis.

Cosa mi è rimasto dei giorni in Tennessee? Beh, io amo la musica in generale, ho un discreto interesse per le forme musicali piu’ diverse anche se in effetti non sono una intenditrice o una tecnica musicale. Nashville mi è piaciuta, ho trovato interessante il Musician Museum, mi sono divertita al Wildhorse Saloon, mi sono sorpresa all’Opryland (una americanata stile Las Vegas), ma non mi sono entusiasmata.

Memphis invece mi ha davvero emozionato. Intanto la sensazione di essere in una vera citta’ del Sud. Forse perché sono una lettrice di Grisham, ma mi sentivo in una citta’ con un carattere ben definito, signorile. Beale Street è un piacere per la vista e per le orecchie, è bello camminare, guardare i locali, ascoltare la musica (anche nelle traverse laterali vedi persone suonare o cantare). Graceland è un museo ad un mito, ben strutturato, ben presentato, che ti fa venire voglia di scoprire ancora di piu’ qualcosa su Elvis, ti fa venire voglia di ascoltare la sua musica, te lo fa guardare con la simpatia dovuta ad un uomo forse travolto da un successo che non aveva la forza di gestire. La presenza di Elvis è ingombrante nella citta’, dal monumento in una piazza all’inizio di Beale Street ai manichini nei visitor’s centre…..eppure è come se la città non ne venga sopraffatta. Ovviamente queste sono mie suggestioni, che prescindono da ogni considerazione musicale, ma il country mi è sconosciuto come genere, lo posso “conoscere” con la mente, mentre Elvis e il blues li ho davvero “sentiti” con il cuore.

Il nostro viaggio il 23 novembre proseguiva verso “The Big Easy”.

Siamo partiti da Memphis il 23 novembre mattina, e attraverso lo stato del Mississipi ci siamo diretti a New Orleans. Lo stato del Mississipi è lo stato piu’ povero degli USA, e sinceramente non c’è nulla per cui valga la pena di fermarsi. Abbiamo spezzato il viaggio a Jackson, la capitale, per mangiare un boccone e dare un’occhiata, ma non ci siamo fermati piu’ di tanto.

Siamo arrivati a New Orleans nel pomeriggio, abbiamo preso una stanza al Best Western nel Quartiere Francese (noi andiamo nei Best Western perche’ sono una delle poche catene che hanno ancora stanze fumatori, mio marito è una piaga da questo punto di vista!), e siamo andati subito a cena a Bourbon Street. Bourbon Street la sera è….un casino! Si va dai ritoranti di lusso (all’inizio, verso Canala Street) ai locali a luci rosse, dalle birrerie dove si beve e si balla ai negozi di materiale vodoo. Gente di tutti i generi, ragazzi con i mano la birra, turisti, coppie…..davvero uno spettacolo. Noi abbiamo cenato in un ristorante con l’affaccio su Bourbon Street, sul tipico balconcino, The Embers. Ovviamente è stato un salasso, ma volevamo solennizzare la serata!

Il giorno dopo abbiamo fatto un giro a piedi per il French Quarter (che di giorno è anche delizioso), poi ci siamo dati da fare per cercare un giro fra le zone alluvionate che fosse commentato in italiano. Nulla da fare, nemmeno l’ufficio informazioni turistiche ci ha potuto aiutare. Un impiegato molto gentile, pero’, ci ha segnato sulla cartina l’itinerario da fare, segnandoci i punti dove fermarci. Infatti il quartiere maggiormente danneggiato, il famoso “9th Ward” è parecchio malfamato. Il tizio dell’ufficio turistico si è raccomandato di andarci di giorno, di non scendere dalla macchina, di percorrere solo le strade grandi. Ci ha segnato sulla cartina dove era possibile fermarci, e la zona che sta ricostruendo Brad Pitt con i soldi raccolti con il progetto Make it Right (http://www.makeitrightnola.org/ ) – Un giro interessante e commovente, si vedono solo case di poveracci ancora totalmente da ricostruire. Sono case di persone che erano li’ in affitto, o che erano troppo poveri per avere un’assicurazione. Cosi’ sono ancora come l’indomani dell’alluvione. Nei quartieri ricchi, invece, non sembra nemmeno che ci sia stato Katrina. Guarda caso l’unico quartiere ancora distrutto è il quartiere nero e povero di New Orleans. In un paese decisionista e megalomane come gli Stati Uniti 4 anni senza nemmeno togliere i rottami delle macchine dimostra il totale disinteresse e la mancanza di un progetto in quelle zone. C’è molto da riflettere.

Nel primo pomeriggio siamo andati a mangiare un boccone in centro, al Riverwalk, un mega centro commerciale alla fine di Canal Street. Canal Street è una strada molto bella, piena di negozi, alberghi e ristoranti. Dovessi tornare a New Orleans prenderei l’albergo li’ . La sera abbiamo fatto un giro su Canal Street, Decatur Street, il French Market, e poi di nuovo su Bourbon Street, per cenare in un cortile all’aperto dove suonavano il jazz.

Dalla mattina dopo è cominciato il tour de force fra i parenti, pranzi e cene interminabili, compresa la giornata del Thanksgiving Day all’americana, con parata di Macy’s in tv, tacchino, preghiera, proprio come nei film.
Il venerdi’ 27 abbiamo fatto un giro lungo il Mississipi (il fiume), visitando una bella piantagione a circa 30 miglia da New Orleans, a Oak Alley. Una cosa bellissima, una guida in costume che spiegava la vita della piantagione e le usanze dell’epoca. Bello davvero.

Il giorno dopo siamo ripartiti verso la Florida, visto che il volo per l’Italia ripartiva da Miami. Abbiamo fatto una tirata unica di 10 ore pur di fermarci a Orlando e fare una mattinata di shopping al Prime Outlet! Siamo arrivati a Miami il 29 novembre sera, giusto il tempo di prendere una stanza al Best Western all’ Aeroporto (dove uno sveglissimo impiegato mi ha perso il modulo I-94W dell’immigrazione) e andare a mangiare una ottima bistecca all’Outback, catena di steak house in stile australiano.

Il 30 novembre la mattinata è passata a ricompattare il bagaglio per il volo di ritorno, a riconsegnare la macchina, e a sospirare pensando alla vacanza finita. Nel piu’ puro stile Fantozzi siamo partiti con un sole e un caldo tropicale, e siamo arrivati, con le scarpe da tennis e i giubbotti da viaggio, sotto la grandine (a Catania !?!).

Per scrivere questi ricordi, ho riletto con piacere il mio diario di quei giorni meravigliosi. Si, perche’ questa volta ho deciso di scrivere uno Scrapbook di questa avventura, una specie di diario con ritagli, biglietti, piantine, appunti e punti esclamativi, tutto scritto con penne e matite colorate….una cosa divertente e creativa che facevo in albergo la sera o la mattina prima di uscire, fra la curiosita’ e l’impazienza di mio marito, che da 23 anni sopporta le mie stranezze!
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New Orleans

Premetto che le mie visite di New Orleans non sono state mai esclusivamente turistiche: a New Orleans, infatti, c’è una bella fetta della mia famiglia!
Mia nonna paterna era la prima di nove fratelli e sorelle: lei ritornò in Italia dopo il matrimonio, mentre tutti gli altri restarono a New Orleans..vi immaginate, dunque, quanti cugini ho io su entrambe le rive del Mississipi?

Sono stata a NO due volte, ed entrambe le mie visite sono state il pretesto per due feste familiari stile “Soprano’s”, con tovaglie tricolori e cori che intonano “That’s ammore” (soprattutto la prima volta, nel 1989, quando gli eventi vennero organizzati dalle vecchie generazioni).

Stare dai parenti negli USA è un’esperienza interessante, soprattutto se si decide di fare vita casalinga, e perciò di godersi appieno “the american style of life”. Noi andavamo a fare la spesa, in banca, dal parrucchiere, a fare benzina…insomma abbiamo cercato di condividere con i cugini che ci ospitavano le loro abitudini e i loro itinerari. Questo ovviamente è andato a scapito delle attrazioni più “turistiche”, ma credo che tutto sommato ne sia valsa la pena. Quest’anno, poi, abbiamo partecipato anche al matrimonio di una cugina, e un matrimonio negli USA, ma soprattutto a NO, dove si sentono influenze tradizionali di tutti i generi, è davvero qualcosa da raccontare.

Comunque ho visitato parecchie attrazioni a New Orleans, e ci sono state cose che mi hanno molto colpito: una di queste è stata la “House of Vodoo” su Bourbon Street, il cuore pulsante della New Orleans peccaminosa e nottambula. Il vodoo a NO è molto presente, e anche i negozi di souvenir più dozzinali hanno gadgets con teschi, fantocci, spilloni, e materiale del genere. Ma la House of Vodoo di Marie Levau è qualcosa di più inquietante.
Lì dentro tu percepisci che c’è gente che ci crede davvero. Innanzitutto il materiale in vendita è meno appariscente, e molto artigianale. Bamboline fatte mano, fantocci di pezza, spilloni di vario genere, radici e erbe dall’ uso sconosciuto…La cosa che mi ha colpito più di tutte è stato l’altare dedicato a Marie Levau, famosa “sacerdotessa” di riti di magia tradizionale, con il suo ritratto, molto inquietante e sicuramente appariscente. L’ immagine di questa donna magra, con grandi occhi e tanti capelli, è circondato da candele, bigliettini, e oggetti che potremmo definire “ex-voto”, del genere che ci si aspetta in un posto così. Teschi, bamboline, candele profumate..ci credete che sono uscita da lì di corsa???
La mia curiosità da turista è stata sopraffatta da un senso di fastidio e di ..inquietudine!
La Cattedrale di St. Luis mi ha colpito per un’altra cosa..non avevo mai visto all’interno di una chiesa le bandiere nazionali. Ci sono sia le bandiere storiche della Confederazione e degli Stati del Sud, ma anche lo Star and Stripes, che sventola tranquillo di fronte al crocifisso!

E infine, un’altra cosa che merita una visita è il Cafè du Monde nel Quartiere Francese. E’ un ritrovo che risale al 1870, che resta aperto
sempre, 24 ore su 24, eccetto il giorno di Natale. Il Cafè du Monde ha chiuso solo in occasione di qualche uragano, ma nei giorni restanti (e nelle notti) è sempre circondato da file di turisti in attesa di gustare il “Cafè au Lait” (uno schiumosissimo cappuccino), ma soprattutto i “beigneès”, una sorta di maxi – zeppole fritte e ricoperte da uno strato incredibile di zucchero al velo.

Dopo Kathrina le zone ricche (Metairie, le zone intorno al Lake Pontchartrain) sono state ricostruite in tempi brevissimi grazie ai rimborsi assicurativi.
Diversa la situazione per le zone più povere della città, tipo il Ninth Ward, dove ancora nel 2009 si vedevano i danni della tracimazione del lago.
Le case erano quasi tutte in affitto, e le persone avevano perso tutto. I proprietari aspettavano i risarcimenti, o non erano nemmeno assicurati, dunque nessuno ricostruiva.
Il tizio del Visitor Center si raccomandò di non scendere dalla macchina (era di giorno) e di non fare foto.
Se cosideriamo che Kathrina era stata nel 2005, e io sono stata in quelle zone nel 2009, capite bene che per gli standard USA quelle zone erano volutamente abbandonate.
L’unico che faceva qualcosa nel Ninth Ward era Brad Pitt, con la sua fondazione Make it Right.
All’epoca gli unici che stavano ricostruendo le case erano i volontari con i fondi derivanti dalla sua associazione.

Comunque, capisco che le opinioni su New Orleans siano sempre contrastanti.

Io mi rendo conto di avere per NO un trasporto emotivo maggiorato, esclusivamente per motivi familiari e personali.
La mie visite sono state in massima parte “scortate” da parenti, e la città la vedo con gli occhi del cuore.

Ciononostante la terza volta che l’ho visitata, nel 2009 nel giro degli Stati del Sud, sono volutamente rimasta 24 ore in “incognito” per potere girare a mio piacimento e dormire due notti nel French Quarter.

Anche noi abbiamo avuto la sensazione che alcune parti di Bourbon Street, la sera, siano in pieno degrado. Abbiamo notato tutti i locali a luci rosse, le ragazze in attesa, le insegne anche troppo esplicite.

Nei locali si sente poco jazz e molto “tumpi tumpi tumpi” techno – Noi abbiamo ascoltato un gruppo con banjio e sax in un cortile davanti ad un buchetto con street food, perche’ i locali non erano per nulla quello che ci aspettavamo.

Ma Bourbon Street NON è il French Quarter, ci sono strade molto più praticabili, senza dovere tappare gli occhi ai bambini.

Per me New Orleans è il Garden District con le lussuose case d’epoca, è Canal Street, sono i locali affacciati sul Pontchartrain Lakefront.
E’ il Vieux Carrè di giorno, con i balconi fioriti e gli artisti di strada.
E’ il Riverwalk con vista sul Mississipi.
E’ la Cattedrale di St.Louis con le bandiere di fronte al crocifisso (anche la bandiera della squadra dei Saints!) –

E potrei continuare……ma credo di essermi spiegata.

Quello che viene fuori da tutti i commenti, però, e’ che New Orleans è diversa da tutte le altre città degli USA, è una città che si ricorda e che ha un suo spirito peculiare. Ovviamente divide, ma non lascia mai indifferenti.

Farmacisti a New Orleans: una lunga storia –

 New Orleans ha diversi primati, dal primo cocktail al primo farmacista autorizzato degli Stati Uniti, e sorprendentemente, queste due cose sono strettamente legate.

 Sin dai tempi coloniali le città del Nuovo Mondo avevano speziali, e New Orleans ha giocato un ruolo significativo nello sviluppo delle moderne farmacie e drogherie, dai suoi primi speziali al moderno College of Pharmacy a Xavier University of Louisiana .

 Si deve a William Claiborne, il primo Governatore di New Orleans e dei territori della Louisiana, l’emissione nel 1804 di un decreto che istituiva l’esame di licenza per i farmacisti.

Gli organi legislativi della Louisiana, che nel 1812 era diventata uno stato autonomo, confermarono il decreto con una legge statale.

Nel 1816, Louis Dufilho Jr., un cittadino residente a New Orleans, superò un esame davanti a un consiglio di esperti professionisti nel palazzo del Cabildo , diventando il primo farmacista autorizzato degli Stati Uniti.

Dopo aver conseguito la licenza, Dufilho andò a lavorare nella farmacia di suo fratello sul Toulouse Street.

Nel 1823 costruì un cottage di stile creolo al 514 di Chartres Street, destinando il piano terra alla sua farmacia, e gli altri piani alla residenza di famiglia.

Dufilho portò aventi la sua attività su Chartres Street per oltre 30 anni, finchè non ritornò in Francia con la sua famiglia nel 1855. L’edificio ha cambiato proprietà numerose volte per quasi un secolo prima di essere acquisita dalla città di New Orleans nel 1940.

 Si decise di trasformare la casa in un museo, e nel 1950 aprì il New Orleans Pharmacy Museum. I piani superiori sono stati completamente restaurati nel 1986, ampliando lo spazio espositivo del museo.

Oltre ad una splendida collezione di armadi farmacia, strumenti, bottiglie, barattoli, e altri strumenti del mestiere, il museo contiene una serie di mostre con elementi quali medicine “brevettate” (come Hadacol ), così come mostre sulle erbe e le piante, e l’utilizzo dell’alcool come medicina. Un armadietto delle medicine originali al secondo piano mostra diverse bottiglie di Amaro del Peychaud , oltre a elaborate coppe da somministrazione.

Antoine Amédée Peychaud era un farmacista che ha creato i suoi amari nel 1830, sostenendo che avrebbero curare una vasta gamma di disturbi, ma il più famoso uso di Bitter di Peychaud è nel cocktail Sazerac , inventato intorno al 1850.

In aggiunta all’elenco dei primi rimedi farmaceutici, si devono considerare le preparazioni Voodoo, vendute sottobanco dalle farmacie New Orleans, le cui ricette erano state insegnate ai farmacisti da sacerdotesse voodoo locali.

Il museo è un meraviglioso racconto di come le farmacie si siano sviluppate organicamente a New Orleans, e un interessante confronto di come le cose si siano evolute con il tempo.

Non solo il New Orleans Pharmacy Museum è un piacere per chi è interessato alla storia della professione negli Stati Uniti, ma l’edificio che ospita il museo è un esempio affascinante di “Cottage Creolo”.

L’edificio è diverso dalle case coloniali spagnole nel quartiere francese in quanto si tratta di una semplice casa si affaccia sulla strada. La struttura dispone di un cortile, ma è circondato da un muro di mattoni; la parte posteriore della proprietà comprendeva le abitazioni degli schiavi e un appartamento separato per il figlio maggiore della famiglia. Dal momento che il primo piano era lo spazio di vendita al dettaglio, la famiglia entrava e usciva dalla casa attraverso la strada accanto al negozio.

 Mentre la città cresceva, gli immigrati provenienti da altri paesi europei aggiungevano il loro contributo alla cultura di New Orleans, e i membri delle nuove comunità etniche spesso stabilivano le proprie farmacie con i propri farmacisti.

Verso la fine degli anni 1890, Gustav Katz ha aperto una farmacia all’angolo di Jackson e St. Charles Avenue in Uptown New Orleans. Katz collaborava con Sidney Besthoff, arrivato da Memphis, e aprirono il primo Katz and Besthoff Drugstore al 732 di Canal Street.

Non erano soli: SJ Shwartz aprì una farmacia nel suo nuovo edificio Maison Blanche nel 1912, Waterbury aprì diversi negozi su Canal Street a partire dal 1940, e nel dopoguerra Walgreens aprì un negozio su Canal e Baronne.

 Lo studio formale ufficiale delle scienze farmaceutiche cominciò a New Orleans nel 1970, quando la Xavier University of Louisiana ha aperto il suo Collegio di Farmacia.

Una delle uniche due scuole di farmacia in Louisiana (l’altra si trova nella parte settentrionale dello stato presso l’Università della Louisiana di Monroe), l’Università di Xavier è stata duramente colpita dall’uragano Katrina nel 2005.

Nel 2006, l’Emirato del Qatar ha donato 17,5 milioni dollari per ricostruire l’università, con la costruzione di un nuovo edificio per la scuola di farmacia, il Quatar Pavillion, inaugurato nel 2010e l’aggiunta di oltre 5000 metri quadrati al college.

Anche se oggi il business farmaceutico è dominato da catene gestite a livello nazionale, New Orleans non dimentica il suo passato.

 Fonte:

http://www.gonola.com/2013/07/29/nola-history-apothecaries-drug-stores-and-pharmacy-in-new-orleans.html

New Orleans – The Big Easy –

I NOLA

Premetto che quando parlo di New Orleans non sono obiettiva.

Per varie circostanze , e’ nel mio DNA:  a New Orleans, infatti, c’è una bella fetta della mia famiglia!
Mia nonna paterna era la prima di nove fratelli e sorelle: lei ritornò in
Italia dopo il matrimonio, mentre tutti gli altri restarono a New
Orleans……non riesco nemmeno a quantificare quanti cugini ho io su entrambe le rive del Mississipi!

Sono stata a NO due volte, ed entrambe le mie visite sono state il pretesto
per due feste familiari stile “Soprano’s”, con tovaglie tricolori e cori che
intonano “That’s ammore” (soprattutto la prima volta, nel 1989, quando gli
eventi vennero organizzati dalle vecchie generazioni).
Stare dai parenti negli USA è un’esperienza interessante, soprattutto se si
decide di fare vita casalinga, e perciò di godersi appieno “the american
style of life”. Noi andavamo a fare la spesa, in banca, dal parrucchiere, a
fare benzina…insomma abbiamo cercato di condividere con i cugini che ci
ospitavano le loro abitudini e i loro itinerari. Questo ovviamente è andato
a scapito delle attrazioni più “turistiche”, ma credo che tutto sommato ne
sia valsa la pena. Abbiamo anche partecipato anche al matrimonio
di una cugina, e un matrimonio negli USA, ma soprattutto a NO, dove si
sentono influenze tradizionali di tutti i generi, è davvero qualcosa da
raccontare.
 

Al di la del mio affetto personale, New Orleans e’ davvero una citta’ diversa da tutte le altre citta’ americane.

Intanto per la sua storia: e’ stata fondata dai francesi nel 1700, e mentre nel New England i Padri Pellegrini imponevano il puritanesimo, in Louisiana l’architetto Le Moyne voleva dedicare a Filippo d’Orleans una citta’ bella, elegante, moderna.
Passo’ dalle mani dei fracesi a quelle degli spagnoli, che ne fecero un porto commerciale di primo piano, per poi tornare ad essere francese, e infine diventare una citta’ degli Stati Uniti nel 1800.
E questo oscillare fra culture si vede nettamente nei nomi delle strade: non e’ infrequente trovare nella zona attorno alla Cattedrale i nomi delle strade scritti in inglese, francese e spagnolo.

Ma New Orleans ai tempi dell’espansione coloniale in Centro America era il porto di arrivo e di rifugio di numerose popolazioni, e inevitabilmente si creo’ un melting pot che oggi, ai tempi della globalizzazione,  fa sorridere, ma che nel XIX secolo era una particolarita’ e che diede alla citta’ una caratteristica apertura culturale.
Arrivarono gli schiavi neri provenienti dall’Africa, che diffusero la razza afroamericana in tutto il paese; arrivarono i cattolici francesi cacciati dal Canada, ed ecco i cajun.
Dalle Antille arrivavano lavoratori per i campi, che portavano con se la loro religione, quella forma di animismo e di cristianesimo primordiale che conosciamo come voodoo.
Ovviamente non potevano mancare i siciliani, arrivati per coltivare i campi della Louisiana, ma che purtroppo portarono con se una forma di criminalita’ organizzata chiamata “Mano Nera”.

Tutto questo si riflette nel carattere di questa citta’, gaudente e misteriosa, elegante e pericolosa, papista e pagana, e tanto, tanto musicale.

Si parla di New Orleans e viene in mente il Quartiere Francese, una serie di isolati quadrati e di vie dai nomi francesi: chi non conosce Bourbon Street, location di una meravigliosa ballata di Sting? Di notte, si sa, diventa uno strano miscuglio di luminose attrazioni turistiche e di buie esperienze alternative.
Ma il quartiere Francese e’ bello anche di giorno, con le case a due piani ornate dai merletti dei balconi, e adornate dalle bandiere e dai festoni, tutto l’anno, ma soprattutto a Natale e a Carnevale. Bella e’ la Cattedrale di St. Louis, l’unica chiesa in cui abbia visto esposte le bandiere della citta’ , dello Stato, e dei Saints, la squadra di football che due anni fa ha trionfato al Super Bowl. Bella e’ Jackson Square, e il French Market, le carrozze decorate trainate dai cavalli e il Cafe’ Du Monde, locale storico, istituzione della citta’.

Oltre al Quartiere Francese e’ molto bello il Garden District, un quartiere di case ottocentesche bellissime, ricche, come ricca era New Orleans in quell’epoca, e incredibilmente conservate, nonostante la Guerra Civile e l’uragano Katrina. Furono costruite dai ricchi commercianti che si rifiutavano di vivere nel quartiere francese con la popolazione piu’ umile. Qualche casa e’ ancora circondata dal giardino, ma la particolarita’ del quartiere e’ l’architettura, e non i giardini, a dispetto del nome.
Il Garden District e Carrolton sono le zone delle parate del Mardi Gras, delle sfilate dei carri e delle orchestrine, e del tram su rotaie di St. Charles Avenue, quello di “Un Tram chiamato Desiderio”, che Tennessee Williams ambiento’ a New Orleans.
In questa zona ci sono due dei ristoranti piu’ conosciuti della citta’. il Commander’s Palace e il Camellia Grill.

Eh si, perche’ New Orleans e’ una citta’ dove si mangia bene. Le influenze culturali cui e’ stata soggetta per secoli hanno fatto si che si sviluppasse una cucina varia, piccante, speziata, a base soprattutto di pesce, gamberi, granchi, di salse. Ma anche i panini, che il Louisiana si chiamano Po Boys, o il riso, cucinato in minestre che si chiamano Gumbo. Io adoro il Food Court del Riverwalk, il centro commerciale sul Mississipi alla fine di Canal Street. Ci sono stand gastronomici di tutti i generi, un modo semplice per orientarsi nella cucina del Sud, guardando con i propri occhi e assaggiando un po’ qui e un po’ la’.

Se il Garden District non sembra stato nemmeno sfiorato da Katrina, non si puo’ dire la stessa cosa del 9th Ward, uno dei quartieri piu’ poveri della citta’, dove gli abitanti erano afroamericani in affitto, e dove il lago Pontchartrain esondo’ dopo il passaggio dell’uragano, sembra a causa del cattivo stato delle pompe di emergenza. Nel 2009, cinque anni dopo Katrina, sembrava che nulla fosse stato ancora fatto. Io ho visto macchine capovolte, case scoperchiate, alberi sradicati, tutto nel peggior disinteresse dell’amministrazione. Solo Brad Pitt (si, si, lui….proprio lui) con la sua fondazione stava cercando di ricostruire il quartiere, e l’unico segnale di attivita’ veniva dai cantieri del progetto Make it Right.

http://www.makeitrightnola.org/

Oggi moltissimi isolati sono tornati alla normalita’, grazie a Brad Pitt e ai suoi finanziatori. Un gran lavoro, anche considerando che i fondi sono tutti privati, e che le case sono state ricostruite seguendo regole di sostenibilita’ ecologica. Ecco perche’, e non vi stupite, ogni tanto si invoca Brad Pitt come sindaco di New Orleans.

The Big Easy e’ la citta’ del Jazz, ma questo e’ un argomento che non sfioro nemmeno, per rispetto a chi ne capisce piu’ di me.

Posso solo indicare  alcuni siti degli Uffici del Turismo dove sono indicati locali e attrazioni, oltre a itinerari, ai principali punti di interesse e agli eventi, frequentissimi in citta’.

http://www.neworleansonline.com/

http://www.neworleanscvb.com/

E’ stato difficilissimo trovare materiale in italiano, almeno nel 2009; ora non so so se le cose siano cambiate. All’epoca sono stata al Centro di accoglienza dell’Ufficio del Turismo al Quartiere Francese, 529 St. Ann Street, e tutto quello che avevano era un opuscoletto di poche pagine, e tanta gentilezza. Ci hanno annotato la cartina con le indicazioni delle zone alluvionate, raccomandandoci di andarci di giorno, restando in macchina.

Ma in rete c’è tantissimo, in particolare voglio segnalarvi tre itinerari a piedi presentati nel sito di Frommers, uno per il Quartiere francese, uno per il Garden District e uno per la zona dell’Esplanade Ridge (zona di musei).

http://www.frommers.com/destinations/neworleans/0020010008.html
E per gli spiriti forti si puo’ provare un giro dellaNew Orleans notturna, fra cimiteri e case stregate…le informazioni le cerchi chi lo vuole fare, a me e’ bastata la visita della Marie Laveau’s House of Voodoo, che mi ha scosso un bel po’!