il 13 settembre e’ stata una giornata memorabile per tanti motivi.
come ho già’ avuto modo di scrivere altre volte, i nostri viaggi in USA sono pianificati fino a un certo punto.
Ovviamente i voli sono “blindati”, così’ come le prime notti (per riprenderci dal jet lag scegliamo sempre di fare i primi giorni “stanziali”) e l’ultima, normalmente in un hotel nei pressi dell’areoporto di partenza per “ricompattare” il bagaglio e essere nelle vicinanze per limitare al massimo imprevisti e ritardi. Di solito anche la macchina viene presa e riconsegnata all’aereoporto.
Alcuni anni abbiamo utilizzato lo scambio della multiproprietà’ , così le nostre giornate in quella settimana erano impegnate da “one day trips” da stabilire giorno per giorno, a secondo della voglia e del tempo.
Ma i nostri viaggi “on the road” sono stati sempre scarsamente pianificati nei dettagli, nei tempi.
Ovviamente il percorso di massima lo stabiliamo al momento della decisione della destinazione, sappiamo cosa vogliamo vedere e più’ o meno quando.
Ho sempre presente la situazione alberghiera dei posti che attraversiamo, so dove trovare un Best Western o un Marriott, ma non prenotiamo quasi mai prima.
Decidiamo “on the way” quando fermarci e dove, cosa vedere, cosa fare.
Molti arricciano il naso, ma forse il mio carattere ansioso ed ossessivo nella vita di tutti i giorni mi consente di sentirmi in vacanza solo nella più totale assenza di pianificazione.
Così’ quella mattina siamo partiti da Rapid City diretti a Cody, ma senza impegni di pernottamento o di itinerario.
Il programma originario prevedeva la visita della Devils Tower, e poi un avvicinamento progressivo a Cody, passando per le località suggerite dalle guide e dai depliant turistici, località già’ visitate da altri amici del forum e che avevano caratteristiche di interesse.
Pensavamo di fermarci a Sheridan, Gillette e Sundance, cittadine la cui maggiore attrattiva era quella di essere perfettamente rispondenti all’atmosfera Western del South Dakota.
Il tempo era bello, come d’altra parte quasi tutti i gorni della nostra vacanza. Cominciamo ad avventurarci verso la Devils Towers, ma la strada ci sembra incredibilmente lunga e noiosa. Sono un paio d’ore parte in autostrada, e parte attraverso il Wyoming sulla US14, ma senza grosse attrattive.
Arriviamo alla nostra destinazione e ci dedichiamo alla visita del monumento sacro ai nativi.
E’ interessante notare come sia un monolite, come e’ stimolante scoprire le varie leggende che stanno alla base della sacralità’ del luogo.
Ma il nostro entusiasmo e’ limitato, forse siamo poco sensibili alle suggestioni religiose delle popolazioni indigene.
La sosta al Visitor Center ci conferma la sensazione di essere inseriti in un percorso un po’ forzato, forse troppo turistico, che ci “prende” poco.
Facciamo qualche foto, cerchiamo l’inquadratura migliore, ci spostiamo lungo la stradina d’ingresso al monumento, finche’ vediamo un’immagine conosciuta: il Generale Custer, che da un cartellone ci comunica che da quel punto con la US212, attraverso il Montana, si arriva dritti dritti al Little Bighorne Battlefield National Monument, una delle mie destinazioni del cuore.
Sarà perché mio padre è un appassionato di western, e sin da piccola ho visto un sacco di film, in realta’ ho sempre sentito parlare di questo evento bellico, e sapevo anche qualcosa del meccanismo della battaglia: l’impreparazione di Custer, l’accerchiamento finale del Settimo Cavalleggero da parte degli indiani, del trombettiere giovanissimo che si era salvato per caso, di Toro Seduto che guidava la battaglia dall’accampamento……. insomma per me era un sogno riuscire a vedere quel posto. Ma mentre organizzavo (si fa per dire) il mio viaggio, avevo visto che la localita’ era molto, molto fuori mano, e che inserirla era complicato. Anche se non avevo del tutto accantonato l’idea.
Alla vista di quel cartello, qualcosa ci scatta dentro.
Ci guardiamo negli occhi: mio marito sa quanto io gli abbia parlato di questo mio desiderio, io so quanto lui desideri guidare in un contesto poco turistico. Prendiamo una cartina, controlliamo le distanze: la strada e’ lunga, ma noi non abbiamo impegni o prenotazioni. …..ok, si può fare…..la macchina va bene, il pieno e’ stato fatto quella mattina (mio marito ha questa abitudine nelle giornate di trasferimento).
Abbiamo con noi due bottiglie d’acqua e i residui della pizza del giorno prima….la decisione e’ presa: si parte!
Beh, credetemi, quello e’ stato uno dei momenti migliori del viaggio.
Ho avuto una sensazione di libertà’ assoluta, mi sono sentita sganciata da tutto, padrona del mio tempo, artigiana delle mie decisioni. Ho assaporato il piacere di pensare “qui e ora”, come purtroppo non posso quasi mai fare, seguendo l’ispirazione, seguendo un sogno…..è stato bellissimo.
Abbandoniamo la strada fatta fino ad allora, prendiamo la WY112, che ci porta sulla US212, e via per le strade del Montana. In effetti la strada e’ stata un pò lunghetta, cma l’entusiasmo per la destinazione e la bellezza di quello che stavamo vedendo ci hanno fato dimenticare le distanze.
Il Montana è uno stato agricolo, poco abitato, e la strada era dritta dritta.
Oltre al paesaggio, davvero da film, quello che incontravamo ci faceva sorprendere sempre di più’ .
Era un continuo (da parte mia) di gridolini e di “guarda, guarda”.
Vedevamo praterie, mucche, e ogni tanto qualche ranch, esattamente come nell’iconografia classica, con la stalla vicina e le mandrie.
Ci siamo fermati un paio di volte,prima in un drugstore lungo la strada, dove abbiamo incontrato Cowboys VERI, sui pick-up con i cappelli e gli stivali, carichi di attrezzi e sacchi di prodotti.
Insomma, una sensazione di Real America molto forte.
Poi una sosta nell’unico Visitor Center lungo la strada, che e’ stata motivo di risate e commenti allegri: l’omino addetto alle informazioni turistiche avrà’ avuto più’ di 80 anni, e quando siamo entrati era comodamente seduto su una sedia a dondolo fumando la pipa….no, non era una scena di un film di Sergio Leone, e’ stata la realta!
Non credo ci siano molti turisti stranieri in quella zona: ci chiede dove siamo diretti, da dove veniamo, e ci racconta di essere stato in Sicilia durante la guerra…… ci fornisce del materiale, e riprendiamo il nostro viaggio.
Arrivati, la mia emozione era alle stelle! Non so se la felicita’ sia l’assenza del dolore, uno stato mentale…beh, io in quel momento ero felice ed emozionata, forse perche’ sentivo di rendere omaggio a qualcosa di profondamente mio.
Che dire del Little Bighorn? Il luogo e’ un monumento nazionale, cosa che ha salvaguardato le sepolture di fortuna dei soldati nelle praterie circostanti.
L’area e’ molto vasta, c’e un Visitor Center con un museo, ma il campo di battaglia si snoda lungo un percorso di cinque miglia, che ovviamente si fa in macchina.
Lungo il percorso ci sono dei punti segnalati numerati, dove ci sono cartelli, audiovisivi, insegne, piantine, che spiegano il meccanismo della battaglia, le varie fasi, riferite al luogo dove si sosta.
Alla fine c’e il cimitero militare dove non sono sepolti i soldati morti con Custer (i poveri resti non furono completamente trovati, e ove possibile vennero consegnati alle famiglie) ma dove ci sono lapidi commemorative di soldati morti in altre guerre (dalla Seconda Guerra Mondiale alla Corea al Vietnam).
Il museo oltre ad esporre armi e uniformi originali, con cartelli e composizione audiovisive aiuta a immergersi negli eventi dell’epoca, e descrive i fatti precedenti e successivi all’evento. Molto interessante e’ pensare all’atteggiamento degli americani nei confronti dei nativi morti in quella battaglia. Se fino agli anni 70 erano considerati solo selvaggi che avevano massacrato un battaglione americano, recentemente si e’ valutato il fatto che loro combattevano in difesa del loro modo di vivere, e della loro civilta’, che pochi anni dopo sara’ del tutto distrutta e rinchiusa in riserve.
Perfino una targa in memoria dei cavalli morti quel giorno, fedeli compagni dei combattenti di entrambi gli schieramenti.
Dopo il giro, la visita al museo, le foto, ci avviamo verso Cody, dove non avevamo nessun tipo di prenotazione. Arriviamo verso le sei di pomeriggio, e cominciamo a chiedere……e affrontiamo il lato negativo del viaggiare senza prenotazione….Cody era strapiena. Oltre a noi girava uno sparuto drappello di turisti, una carovana di macchine che percorreva le strade principali alla ricerca della parola magica…vacancy.
Distruggiamo la teoria di mio marito, convinto che negli alberghi piu’ costosi il posto ci sia sempre. Tutti gli hotel della catene principali sono pieni. Dopo qualche tentativo finalizzato, decidiamo di andare all’avventura…se vediamo vacancy ci fermiamo. Ma non troviamo nulla, e come noi altri sventurati. Facciamo almeno una decina di tentativi, finche’ una ragazza in un hotel chiama un ufficio locale del turismo, e ci indirizza verso il Grizzly Bear Lodge. Beh, questo posto non sarebbe mai stato considerato da nessuno se non fosse stato l’ultima scelta (prima di dormire in macchina).
Lasciamo stare il fatto che le stanze erano pubblicizzate a 49,90 e invece erano vendute a 79,90. Lasciamo stare il fatto che il proprietario alla reception era scorbutico e sgarbato come un tarantolato. Non consideriamo il fatto che la colazione la mattina consisteva in una tazza di caffe’ e qualche fetta di pane (ne’ tostato, ne’ marmellata…nulla).
Vogliamo parlare del ragno in camera? Vogliamo parlare del fatto che il prefabbricato aveva dei punti non isolati, e percio’ entrava il freddo? La bella giornata trascorsa non poteva essere rovinata dal signor Grizzly Bear Lodge, dunque decidiamo di dormire vestiti, e limitare i contatti con l’ambiente circostante al minimo.
Facciamo una passeggiata in centro (purtroppo a settembre non ci sono rodei, ed e’ tardi per la sparatoria davanti all’Irma Hotel) e andiamo a mangiare al Proud Cut Saloon, consigliato da Alessandro e Eleonora. Mentre divoriamo una bistecca, la signora ci conferma che questa affluenza turistica e’ inaspettata anche per loro. Sfruttiamo una connessione libera per prenotare un hotel per le prossime due notti a West Yellowstone, e infine andiamo a dormire distrutti, vestiti, con 506 miglia sulle spalle, e un poco di rimpianto per non aver visto Sheridan, Sundance e il rodeo a Cody…..beh, un motivo in piu’ per tornare!
E domani addenteremo Yellowstone!